Ieri una lunga pausa pranzo e una chiusura anticipata dei lavori, ed è solo per questo che l’aula del senato avrà bisogno di due sedute piene per approvare il disegno di legge del governo che sospende la procedura di revisione costituzionale (articolo 138), sostituendola con un percorso accelerato. Senza queste interruzioni i senatori avrebbero finito anche prima, grazie alla procedura d’urgenza con cui a palazzo Madama hanno deciso di cambiare le regole del 1948.

Dibattito ridotto al minimo, senza troppi sforzi viste le assenze e il disinteresse diffuso. Oggi si votano gli emendamenti, in gran parte gli stessi già bocciati in commissione nel corso della maratona di martedì 2 luglio. Poi il disegno di legge costituzionale 813 Letta-Quagliariello-Franceschini che istituisce la bicameralina per le riforme supererà il primo scoglio. Ne restano altri tre, il più ravvicinato dei quali è il passaggio alla camera. Il governo scommette tutto sul sì dei deputati entro la pausa estiva, ma il calendario di Montecitorio è denso di provvedimenti, molti decreti in scadenza. Di questo la presidente Boldrini è andata a parlare ieri con il presidente della Repubblica: l’attenzione di Napolitano all’iter delle riforme è nota, e non sfugge al Quirinale che rimandare la seconda approvazione del disegno di legge 813 a settembre significherebbe condannarlo anzitempo.

In piena bufera giudiziaria e finanziaria, nel giorno in cui si accelerano i tempi della sentenza definitiva Mediaset per Berlusconi, e Standar & Poor abbassa il rating dell’Italia, l’aula del senato si ritrova a discutere svogliatamente di una radicale modifica costituzionale, considerata «urgente» dal governo. Il ministro Quagliariello, presente a tutti i lavori come già in commissione (lavori rapidi) riconosce il legame a doppio filo tra le riforme e la sopravvivenza dell’esecutivo Letta. «Queste modifiche costituzionali – dice chiudendo con la replica la giornata di discussione generale – sono parte di un governo molto particolare che ci ha investito molto». Non si tratta però di una stampella utile a tenere in piedi un esecutivo traballante, giura necessariamente il ministro.
Assorbita in maggioranza la Lega di Calderoli, sulle riforme sono la sessantina di senatori del Movimento 5 Stelle e di Sel (accanto ai quali siedono adesso i grillini fuoriusciti) a reggere il peso dell’opposizione. Con poco margine, visti i tempi contingentati (appuntamento alla camera) ma con buoni argomenti, travasati anche negli interventi di alcuni senatori del Pd. E a loro che si guarda nella speranza che in seconda lettura le camere possano restare sotto la soglia dei due terzi di favorevoli, consentendo così il referendum che potrebbe bloccare sul nascere la bicameralina. Se più di un dubbio sollevano i senatori democratici Mineo e Scalia, è soprattutto l’intervento di Walter Tocci a raccogliere gli applausi delle opposizioni (e di Laura Puppato). «Ogni volta che abbiamo cambiato la Costituzione ce ne siamo dovuti pentire», avverte il senatore mentre la relatrice Finocchiaro e il capogruppo Pd Zanda si distraggono a vicenda e il presidente di turno dell’aula Gasparri parla al telefono. «I nostri partiti – continua Tocci – rappresentano a malapena la metà del corpo elettorale, dovremmo avere il senso del limite. Non è saggio utilizzare la revisione costituzionale per santificare un governo privo del mandato elettorale».

E così la replica di Anna Finocchiaro finisce con l’essere soprattutto una replica al suo collega di gruppo. «Ho provato disagio nel sentire certi giudizi sulla legittimazione del parlamento. L’unica umiltà che bisogna praticare è l’umiltà della responsabilità», dice la relatrice. Che poi annuncia, massima concessione alle opposizioni, un emendamento che allarga ai rappresentanti di tutti i gruppi la partecipazione alla programmazione dei lavori del futuro comitato. Un altro (nuovo) emendamento della relatrice servirà a mettere in chiaro che la bicameralina non si dovrà occupare delle modifiche urgenti al Porcellum, formalmente affidate alle prime commissioni e sostanzialmente rimandate per non spiacere al Pdl. Buone possibilità anche per un paio di emendamenti di Calderoli. Il primo assegna 48 ore ai presidenti delle camere per dirimere le dispute tra partiti sulle nomine dei 42, dispute inevitabili vista la vaghezza sul punto del disegno di legge. Il secondo stabilisce che dei due co-presidenti del comitato, Finocchiaro e il berlusconiano Francesco Paolo Sisto, il più anziano avrà una marcia in più. E la senatrice è nata un mese prima del deputato.