Bruxelles ha avviato un’altra procedura di infrazione contro Varsavia nella giornata di lunedì. Si tratta dell’ennesimo fascicolo Ue che mette in discussione l’operato del governo della destra populista di Diritto e giustizia (PiS). Il pomo della discordia è rappresentato questa volta dalla riforma della Corte suprema. La normativa entrata in vigore oggi prevede il pensionamento anticipato di tutti i membri della corte che abbiano compiuto 65 anni. 27 dei suoi attuali membri saranno costretti ad appendere la toga al chiodo entro la fine del mese.

Ma il repulisti del PiS non è cosa facile sulla carta almeno nel caso della presidente della corte Malgorzata Gersdorf, tutelata dalla costituzione polacca che fissa la durata dell’incarico a sei anni. Il provvedimento contestato dalla Commissione Ue è il risultato di un pacchetto di misure, votate a luglio scorso e volute dal “superministro” alla giustizia Zbigniew Ziobro, che avevano incontrato il veto parziale del presidente polacco Andrzej Duda qualche mese prima. L’attuale normativa prevede che Duda abbia la facoltà di prolungare l’incarico dei membri della corte mandati in pensione, due volte e per un periodo massimo di tre anni, su richiesta degli interessati. I giudici colpiti dal provvedimento non si sono avvalsi di questa possibilità. Sì, l’Ue ha risposto, ma i magistrati sperano soprattutto nella piazza, nella solidarietà dei colleghi e nelle proteste dell’opposizione. Intanto il PiS è corso ai ripari per cercare un candidato per sostituire Gersdorf.

In assenza di una nomina valida la presidenza verrebbe affidata pro tempore al più anziano tra i giudici “non pensionabili”. E evidente che Bruxelles abbia cambiato strategia per costringere Varsavia al rispetto dello stato di diritto: «La Commissione si è accorta di non poter contare su un numero sufficiente di paesi per procedere contro la Polonia. E per questo che ha deciso di spostare la battaglia in tribunale appellandosi al Trattato e alla Carta dei diritti fondamentali dell’Ue», ha spiegato il segretario di stato polacco per gli affari esteri, Konrad Szymanski al quotidiano conservatore “Rzeczpospolita”.

A dicembre scorso l’Ue aveva lanciato una procedura di infrazione contro la Polonia sperando di poter applicare l’articolo 7 del Trattato di Lisbona. Un’iniziativa che avrebbe trovato quasi certamente il veto del premier ungherese Viktor Orban da sempre alleato fedele del PiS nell’arena europea. E per questo che Bruxelles spera in tempi rapidi in una sentenza della Corte di giustizia dell’Ue con sede in Lussemburgo per bloccare il processo di avvicendamento dei membri della Corte suprema in corso a Varsavia.