Tra le richieste quotidiane all’Associazione Luca Coscioni, vi sono quelle relative al diritto di sospendere terapie, anche vitali. È utile quindi precisare, anche ai lettori di questa rubrica, che seppur spesso sotto la resistenza dei medici, tale diritto è già presente nell’ordinamento italiano. Ad affermarlo è la Corte di Cassazione. Con la sentenza n. 21748 del 2007, è stato infatti indicato come il diritto di rifiutare le cure sia fondato «sulla libera disponibilità del bene salute da parte del diretto interessato nel possesso delle sue capacità di intendere e di volere».

Quando il rifiuto sia informato, autentico ed attuale «non c’è possibilità di disattenderlo in nome di un dovere di curarsi come principio di ordine pubblico», e non può essere disatteso neanche quando «da esso consegua il sacrificio del bene della vita». Come tutti i diritti di libertà, il diritto del singolo alla salute, esclusi i trattamenti sanitari previsti dalla legge come obbligatori, «implica la tutela del suo risvolto negativo: il diritto di perdere la salute, di ammalarsi, di non curarsi, di vivere le fasi finali della propria esistenza secondo canoni di dignità umana propri dell’interessato, finanche di lasciarsi morire».

La Cassazione aggiunge che, fondandosi l’obbligo giuridico di praticare o continuare la terapia sul consenso del malato, questo vincolo cessa «quando il consenso viene meno in seguito al rifiuto delle terapie da parte di costui».
Nella prospettiva indicata dalla Corte «il consenso informato ha come correlato la facoltà non solo di scegliere tra le diverse possibilità di trattamento medico, ma anche eventualmente di rifiutare la terapia e di decidere consapevolmente di interromperla, in tutte le fasi della vita, anche in quella terminale».
Anche il Comitato nazionale di bioetica (2008) sottolinea questo diritto del paziente. Il medico, recepita l’istanza della persona, può astenersi «da comportamenti ritenuti contrari alle proprie concezioni etiche e professionali» ma «il paziente ha in ogni caso il diritto a ottenere altrimenti la realizzazione della propria richiesta all’interruzione delle cure». Il medico deve evitare ogni forma di accanimento clinico e deve garantire sempre le cure palliative.

Estratto da «Vademecum fine vita. Il diritto di rifiutare le cure» a cura dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica