Il fatto non sussiste o comunque non rappresenta reato. Hanno deciso così i giudici della quinta sezione penale del tribunale di Napoli sugli imputati di quella che è stata la perenne emergenza dei rifiuti in Campania per almeno 15 anni. Nessun colpevole dunque per la spazzatura che aveva inondato e sommerso il capoluogo, per le immagini che avevano fatto il giro del mondo accusando quelle amministrazioni di centrosinistra di essere incapaci nel venirne a capo, con i turisti che arrivavano a fotografare le piramidi di monnezza nella terza città d’Italia.

Tutti assolti con formula piena i protagonisti della grande crisi del 2001 e che si era riproposta violentemente 6 anni dopo. Scagionati tutti e 28 gli imputati, e tra loro quell’Antonio Bassolino che proprio su questo scandalo aveva perso la credibilità politica non solo tra la sua gente che l’aveva votato eleggendolo sindaco prima e presidente di regione dopo, ma anche nel suo stesso partito. Finisce così con molti reati prescritti, ma tanto basta a far dire a Bassolino nel pomeriggio che i giudici hanno dimostrato un’importante autonomia di giudizio: «Dopo anni di sofferenza e di dolore vedo finalmente riconosciuta la mia totale estraneità ai fatti che mi erano stati addebitati. La gioia di oggi si mescola con la tristezza per le prove che ho dovuto affrontare».

Tra le prove c’è sicuramente il suo esilio forzato imposto dai democrat. Lo scrive lo stesso ex-governatore nel suo libro appena uscito, Le dolomiti di Napoli, quando sottolinea che «la fase più drammatica della crisi cancella tutto. Giorgio Napolitano pronuncia da Capri parole ingiuste, in quei giorni (…) si scatena l’inferno mediatico e tutto si scarica su di me». Ora non sono in pochi a credere che il protagonista del cosiddetto rinascimento napoletano ritenuto anche responsabile (fino a ieri?) della sua decadenza possa provare a tornare ora alla carica, candidandosi alle elezioni europee o addirittura di nuovo alla poltrona di sindaco tra due anni e mezzo.

Bassolino era stato accusato, in questo biblico processo che ha visto il succedersi di centinaia di testimoni, di non aver rescisso il contratto con la Fibe controllata Impregilo, la quale aveva in gestione l’intero ciclo dello smaltimento. L’impresa che si era aggiudicata l’appalto nel 1998 con l’allora governatore di An Antonio Rastrelli era infatti inadempiente sotto tutti i punti di vista. Non aveva realizzato (e non realizzerà mai) i tre inceneritori previsti dal contratto firmato due anni dopo e aveva aperto invece impianti di Cdr (combustibile da rifiuto) non a norma. Non solo. Aveva prodotto per anni ecoballe che secondo le leggi di allora (poi modificate ad hoc dal commissario Gianni De Gennaro) non potevano essere incenerite realizzando la più grande cittadella della monnezza a Giugliano. A Taverna del re, dove ancora sostano 6 milioni di tonnellate di materiali. Una bomba ecologica che oggi resta lì, mettendo in difficoltà gli attuali amministrazioni. Tutto questo aveva causato diverse multe e prescrizioni da parte della Ue, nonché una condanna della Corte di giustizia europea nel 2010.

Il pm Paolo Sirleo, che insieme a Giuseppe Noviello era responsabile dell’indagine, dopo una requisitoria di 20 ore aveva chiesto la prescrizione per l’ex governatore, all’epoca dei fatti anche commissario ai rifiuti, anche se aveva sottolineato le sue responsabilità nella perpetrazione del fatto. La procura aveva, nel processo aperto nel 2005, formulato accuse pesantissime per gli imputati: catastrofe ambientale, ma anche frode in pubbliche forniture, truffa ai danni dello Stato, abuso di ufficio, falso e illeciti ambientali. Ieri sono stati tutti assolti, Piergiorgio a Paolo Romiti, all’epoca dirigenti del gruppo Impregilo; gli ex sub commissari Raffaele Vanoli, Giulio Facchi, Salvatore Acampora, e ancora Armando Cattaneo ex ad di Fibe e Angelo Pelliccia, ex direttore generale dell’azienda. Ne esce pulitissima la stessa Impregilo, per la quale era stata chiesta una multa di 750.000 euro e la condanna a due anni di interdizione dallo stipulare contratti con la pubblica amministrazione.