Leggo con stupore sulla stampa di oggi che il nuovo consigliere di Ama Massimo Ranieri indica la via concreta per l’impiantistica Ama inneggiando a discariche ed inceneritori. Questa, a suo dire, la concretezza di un piano industriale per superare le chiacchiere. Affermazione che pare alludere ai suoi predecessori.

Vorrei informare Ranieri che il Cda di Ama che ho avuto l’onore di guidare, con il contributo di eccellenti colleghi ha lavorato alacremente a un piano industriale intitolato «Roma verso l’economia circolare». Sulla base di puntuali analisi tecniche, normative e di contesto, e procedendo con una meticolosa analisi dei flussi di materia raccolta e da trattare, abbiamo identificato 13 impianti da realizzare a Roma per chiudere il ciclo dei rifiuti con piena autonomia di Ama e della città. Economia circolare non era solo il titolo del nostro Piano industriale ma era la sfida che abbiamo assunto con l’obiettivo di massimizzare il recupero di materia riducendo al minimo la frazione destinata allo smaltimento. Non sono state messo in campo ideologia e chiacchiere, ma un’operazione scientifica senza precedenti per trovare una via che avrebbe restituito a Roma il primato dell’economia circolare e la qualità ed economicità del servizio.

Il nostro riferimento non poteva che essere l’Europa che, con il pacchetto «Economia circolare», ha fissato obiettivi sfidanti con scadenze ravvicinate che obbligheranno tutti gli operatori del settore a mettersi in discussione. Volendo sintetizzare, due sono i cardini imposti dall’Europa. Il primo è la massimizzazione del recupero di materia misurata con il tasso di riciclo effettivo: il parametro di riferimento non sarà più la percentuale di raccolta differenziata, ma la capacità di essere virtuosi attraverso l’effettiva valorizzazione dei materiali raccolti in modo differenziato riducendo al massimo gli scarti. Il secondo cardine è l’utilizzo sempre minore delle discariche: l’Europa indica che entro il 2035 lo smaltimento in discarica dovrà essere inferiore al 10%.

Questo significa che un piano industriale di un’azienda del settore oggi deve concentrare le strategie su come marginalizzare discariche ed inceneritori recuperando materia. Questa non è ideologia, ma una sfida che ci impone l’Europa e ci impongono le normative.

Il Piano industriale che abbiamo presentato al Socio e che deduco sia stato tenuto nel cassetto e, forse, nemmeno comunicato ai nuovi vertici dell’azienda, era un documento esaustivo di 215 pagine e non qualche slide, come qualcuno ha detto, che avrebbe chiuso il ciclo dei rifiuti romano garantendo finalmente l’autosufficienza impiantistica in ottica circular, il rispetto delle normative di settore, il recupero della qualità del servizio attraverso la rivisitazione del modello organizzativo e gestionale della raccolta e dello spazzamento. Il nostro piano industriale, nella piena concretezza, ha posto particolare attenzione alla sua attuabilità industriale e alla sostenibilità economica degli investimenti.

Era pertanto corredato di precisi cronoprogrammi, necessari per esplicitare l’orizzonte temporale della sua attuazione, ma soprattutto era stato sottoposto allo «stress test» dei tre principali operatori mondiali della finanza che lo reputarono concreto e credibile al punto che ci era stata data disponibilità ad una emissione obbligazionaria fondamentale per sostenere gli investimenti nell’impiantistica sotto il cappello di Ama senza cedere sovranità a beneficio di «terzi interessati».

Penso che sia a tutti noto come il mondo della finanza nella sua freddezza sia il meno ideologico di tutti, pertanto la disponibilità a sostenere gli investimenti nell’impiantistica sono una cartina di tornasole della qualità della nostra proposta. Il percorso si era poi interrotto a causa della mancata approvazione del bilancio da parte del Socio. Nell’arco di 5 anni l’Ama avrebbe raggiunto un primato nazionale non solo per dimensioni nel settore, ma soprattutto per la sua solidità industriale. La realizzazione del nostro piano industriale ci avrebbe finalmente consentito di restituire ai romani eccellenti qualità del servizio e una importante riduzione della Tari grazie all’autosufficienza impiantistica di Roma e alle ritrovate efficienze aziendali.

Pur non negando che anche nei modelli più virtuosi il tema dello smaltimento della frazione residua rimane, anche se marginalmente, impostare la soluzione al grido di discariche ed inceneritori, volendo tralasciare l’incoerenza rispetto ai valori del M5S, non è solo sbagliato metodologicamente e normativamente, ma rischia di omettere la concretezza della gestione del transitorio. Mentre si studiava e si costruiva la soluzione definitiva per Roma, eravamo impegnati nella gestione di un transitorio molto difficile a cui tuttavia stavamo dando risposte concrete.

Abbiamo progettato e realizzato un nuovo sistema di raccolta porta a porta che, esteso su 310.000 abitanti, ha restituito risultati straordinari di differenziata stabile al 70% o superiore. Avevamo una tabella di marcia che a fine mandato ci avrebbe consentito di estendere su tutta la città rivisitando nel frattempo anche il modello di raccolta stradale per ottenere efficienza e servizio nel transitorio. Abbiamo avviato all’iter autorizzativo due stazioni di compostaggio auspicando di poter interrompere o limitare quanto prima i viaggi della frazione organica lungo il territorio nazionale a spese dei romani. Abbiamo iniziato ad intercettare migliaia di cittadini sconosciuti alla Tari cercando di renderla più giusta per tutti. Abbiamo rimesso in moto le gare ferme da anni di approvvigionamento di mezzi nuovi per sostituire man mano quelli obsoleti e fuori uso: approvvigionamenti necessari per poter erogare un servizio di raccolta di qualità. Nella mia gestione abbiamo bandito l’acquisto di oltre 600 mezzi.

Abbiamo portato a termine e attivato la nuova piattaforma informatica che consente la pianificazione e il monitoraggio dei servizi, pertanto la gestione in ottica di miglioramento continuo. Abbiamo lavorato sul più importante patrimonio dell’azienda, che sono le persone che vi lavorano, cercando di condividere progetti e prospettiva in modo di aggregare motivazione, capacità e competenze per il rilancio dell’azienda. Abbiamo formato giovani talenti che erano pronti ad assumere posizioni strategiche e di rilievo per il perseguimento di nuovi traguardi per Ama e abbiamo fatto partecipare i dirigenti a progetti formativi di elevata qualità. Abbiamo posto le basi per una nuova fase.

Ora si tratta di proseguire questo difficile percorso con l’ambizione di portare Roma in Europa così come noi ci eravamo prefissati.

*Ex presidente e amministratore delegato Ama