Una nota ballata irlandese recita: «C’era musica nell’aria di Derry / come una lingua che tutti capivamo. / Ricordo il giorno in cui guadagnai i primi soldi / con una band messa su alla buona…». E poi prosegue: «Ma quando ritornai mi venne da piangere / a vedere una città messa in ginocchio / dalle autoblinde e i pub fatti saltare in aria / e il gas che aleggiava su ogni albero…/ Oh mio Dio che cosa hanno fatto alla città che amavo così tanto».

DERRY è, dell’Irlanda del Nord, forse la città più bella, con le sue alte mura che torreggiano sul quartiere del Bogside, che lontano guardano Creggan con le sue fabbriche in disuso e sorvegliano a distanza il meraviglioso fiume Foyle, spartiacque geografico tra due comunità. Eppure, nonostante la sua bellezza, negli ultimi cinquant’anni Derry è stata spesso al centro di scontri legati ai Troubles, al conflitto.

Un luogo sui generis, in cui la maggioranza della popolazione appartiene alla comunità cattolica–repubblicana–nazionalista (ma potremmo aggiungere socialista, anarchica, radicale, libertaria…) ma la minoranza unionista–lealista per decenni si è assicurata il governo della città grazie alla pianificazione ad hoc delle circoscrizioni elettorali (il cosiddetto Gerrymandering).

A fine anni Sessanta fu lì che nacque e si consolidò una resistenza al potere occupante: dopo la Battaglia del Bogside e la marcia Belfast Derry nel 1969, e poi col Bloody Sunday del 1972. Più di recente si sono visti tumulti di minore entità ma non meno simbolici. Ultimo l’omicidio di Lyra McKee nel 2019. Durante alcuni scontri, la giornalista si trovò sulla traiettoria di una pallottola probabilmente esplosa da un membro della New Ira in direzione della polizia.

Oggi Derry ha un motivo in più per sperare. È stato inaugurato, il 22 luglio scorso, un museo di memoria condivisa dedicato a raccontare gli sforzi compiuti per la pace in Irlanda del Nord. È il Peacemakers Museum, il museo dei «pacificatori», se volessimo darne una traduzione di servizio.

È UN NOME IMPORTANTE, perché la parola «pace» in Irlanda del Nord può essere declinata in tanti modi. Chi ancora non si arrende all’inesorabile cammino intrapreso per distanziarsi dalle violenze del passato la intende come fumo negli occhi e preferisce parlare di «pacificazione» nel senso di pace apparente, artificiale, voluta a tavolino. Ma esiste un suo utilizzo più consono e nobile, quello legato al peace process, il «processo di pace» che ha visto come forze propulsive proprio i rappresentanti repubblicani, a iniziare dal partito che è ora di maggioranza relativa, lo Sinn Féin, un tempo considerato braccio politico dell’Ira.

Il museo ha, infatti, come fulcro, proprio la storia di chi la pace l’ha voluta e cercata più di altri. Una sezione importante è dedicata proprio al Bogside, il quartiere a maggioranza repubblicana da cui tutto è partito, con le rivendicazioni per i diritti civili negli anni Sessanta. È il luogo del famoso Free Derry Wall dove si legge la famosa scritta «You are now entering Free Derry».

Il museo offre la possibilità di ascoltare interviste con i residenti e di vedere filmati d’archivio e manufatti vari che raccontano l’evoluzione di un’idea di comunità sempre più inclusiva. Non a caso, viene data importanza al ruolo attivo dei giovani e delle donne, all’opera dei sindacati, a quella comunità Lgbtq+, e allo sport e alla cultura in quanto luoghi di incontro per guardare al domani.

UNA PARTE IMPORTANTE del Museo riguarda gli sviluppi politici e quello che può essere considerato a tutti gli effetti un miracolo dell’evoluzione di un movimento. Serve a ricordare come repubblicani di spicco abbiano, al tempo giusto, saputo fare una scelta di pace e preferire la negoziazione e la partecipazione democratica alla violenza. Tra questi lo storico leader e vice-comandante dell’Ira a Derry durante il Bloody Sunday, Martin McGuinness, che nel 2007 divenne vice primo ministro nordirlandese, affiancando al governo misto, per un breve periodo, il nemico di sempre, Ian Paisely, religioso oltranzista divenuto Premier proprio per gli effetti degli Accordi di pace. McGuinness fu uno degli architetti del Processo di pace, e nel 2011 si candidò anche alla Presidenza irlandese ottenendo quasi 250.000 prime preferenze.

L’inaugurazione del museo della pace di Derry è una buona notizia anche dal punto di vista turistico. È un dato di fatto che il Nord soffra da sempre degli strascichi del conflitto, e ciò non spinge i turisti a visitare quella che è forse la parte più bella e affascinante dell’isola. Questa importante istituzione si propone quindi di accogliere anche chi vorrà entrare più a fondo nella storia recente dell’isola di smeraldo, apprezzandone la riflessione su un passato di scontri divenuto un possibile modello di coabitazione.