In una realtà museale chiaroscurata come quella della città di Pisa, che – a fronte dell’inaugurazione delle «Navi antiche» negli Arsenali medicei nel giugno scorso – sconta la difficile accessibilità del principale museo statale della città, quello di San Matteo, costituisce un segnale indubbiamente positivo la riapertura del Museo dell’Opera del Duomo in Piazza dei Miracoli, totalmente riallestito per volontà dell’Opera della Primaziale.
Il museo fu inaugurato nel 1986 in un edificio su uno dei lati della piazza acquistato dalle suore benedettine e sottoposto a un restauro architettonico, che eliminò le superfetazioni e ridefinì le volumetrie degli ambienti. In quell’occasione furono completamente recuperati i loggiati dei due piani della fabbrica, che affacciano parzialmente sulla piazza e creano un legame particolarmente suggestivo tra i manufatti musealizzati e il loro contesto di appartenenza. L’attuale progetto di riconfigurazione, nato dalla necessità di rinnovare il sistema impiantistico, illuminotecnico e di sorveglianza e dall’opportunità di esporre adeguatamente alcune opere, è stato affidato a un’équipe di studiosi e restauratori guidati con passione da Marco Collareta, che ha elaborato il nuovo percorso museografico, e agli studi di architettura di Adolfo Natalini e di Guicciardini & Magni, responsabili del rinnovamento architettonico degli spazi e del loro riallestimento, sotto il coordinamento dell’ingegnere Giuseppe Bentivoglio.
Al pianterreno l’infilata delle sale racconta la storia della scultura in marmo a Pisa ‘di padre in figlio’ dall’XI secolo fino al primo Rinascimento, secondo un criterio espositivo che – oltre a essere stilistico-cronologico – è subordinato anche al monumento e al luogo di provenienza e non trascura gli influssi di altre culture artistiche, da quella d’oltralpe a quella islamica. Al percorso del museo è ora collegato l’auditorium, totalmente rinnovato, e negli ambienti adiacenti saranno realizzate prossimamente le sale destinate all’attività didattica. Il piano superiore è stato largamente ridisegnato e dedicato agli arredi lignei, ad alcune sculture di straordinaria importanza – come la Madonna con Bambino in avorio, unica sopravvivenza di un altarolo ispirato a modelli francesi, e il Crocifisso in legno dipinto di Giovanni Pisano, che dimostrano la versatilità di un artista celebrato per l’abilità di lavorare i materiali più diversi – e soprattutto alla suppellettile ecclesiastica, ossia ai tessuti, all’oreficeria e all’argenteria sacra e ai libri liturgici.
Uno degli obiettivi principali dell’intervento è stato il tentativo di evocare, per quanto possibile, il contesto originario dei 380 oggetti esposti, che ristrutturazioni edilizie, mutamenti dell’arredo liturgico o ragioni conservative hanno sottratto nei secoli alla Cattedrale, al Battistero, al Camposanto e al Campanile. Un caso emblematico è rappresentato dalla sala dedicata a Giovanni Pisano – protagonista assoluto del museo – che ospita i tre gruppi scultorei della cosiddetta Madonna del colloquio, già sul portale occidentale del transetto meridionale del Duomo; della Madonna con Bambino fiancheggiata da San Giovanni Evangelista e da San Giovanni Battista con il committente, proveniente dalla porta principale del Battistero; e di quello mutilo concepito per la porta di San Ranieri, che originariamente prevedeva la Madonna con Bambino tra l’imperatore Enrico VII di Lussemburgo e l’allegoria della città di Pisa accompagnati da angeli. Nel nuovo allestimento la dislocazione architettonica di ciascun gruppo entro una lunetta è suggerita da un recesso minimo della controparete retrostante. Un’operazione simile è stata compiuta nel porticato esterno al piano inferiore, che ospita i colossali busti già negli archi sotto le ghimberghe del secondo ordine del Battistero. Inoltre, al primo piano, cui si accede tramite un nuovo scalone, la sala che raccoglie gli intagli e le tarsie del coro della Cattedrale è stata disegnata con un’estremità a semicerchio per richiamare la spazialità dell’abside maggiore del Duomo.
Questo criterio museografico è stato accompagnato da una revisione della selezione dei manufatti esposti. Infatti, nel percorso sono stati eliminati i pochi dipinti di età moderna e tutti quegli oggetti che non erano in rapporto diretto con gli edifici della piazza, come quelli della collezione di antichità. Questi materiali sono stati trasferiti in altri spazi e in depositi che saranno aperti agli studiosi. Tuttavia, il museo è stato arricchito con opere di grande qualità, come una tavola di Spinello Aretino con San Ranieri, San Sisto e san Michele Arcangelo che apparteneva a una macchina d’altare eseguita per la Cattedrale; un crocifisso assegnato a Francesco di Valdambrino; lo straordinario corredo funebre recuperato nella tomba di Enrico VII nel 2014, che annovera – oltre al drappo funebre – le insegne del potere imperiale forgiate in metallo prezioso; e il gruppo scultoreo attribuito a Lupo di Francesco già nel tabernacolo che sovrasta la porta del Camposanto. La revisione dei materiali esposti ha consentito di presentare con maggiore efficacia qualche scultura, che in precedenza era relegata in condizioni di scarsa visibilità o di minor impatto visivo. Così, la monumentale Madonna con Bambino che Andrea Pisano scolpì verso la metà del Trecento per la sommità del timpano della facciata della cattedrale si mostra ora in una delle sale del pianterreno come fosse una regina nella sala del trono. E, ancora, il Cristo in croce, capolavoro dell’arte romanica francese realizzato da un intagliatore borgognone che – come il recente restauro ha rivelato – doveva in origine far parte di una più articolata Deposizione, è diventato il protagonista di una delle sale del primo piano, nella quale sembra fare il suo ingresso teatralmente come da un sipario appena aperto.
La spettacolarità del nuovo allestimento si accompagna a un apparato informativo che mira ad agevolare la fruizione da parte dei visitatori. A questi ultimi sono dedicate nuove postazioni multimediali, che facilitano la comprensione della genesi degli edifici della piazza o illustrano opere che – come i due rotoli di Exultet – sono scarsamente illuminate per motivi di conservazione. Inoltre, dispositivi touch screen permettono di sfogliare digitalmente i libri corali miniati che sono visibili nell’ultima sala del piano superiore.
Tra le soluzioni maggiormente apprezzabili del progetto merita segnalare il trattamento cromatico delle superfici, concepito per evocare i colori dei monumenti della piazza – è il caso dei fondali della sala che ospita le sculture della tomba di Enrico VII di Tino di Camaino e quelle di Lupo di Francesco, che sono realizzati in resina o in encausto per richiamare i finti marmi dell’interno del Duomo senza la pretesa di un’imitazione mimetica; la decisione di posizionare tanto la porta bronzea di Bonanno Pisano quanto il grifo islamico, pezzi identitari della raccolta, in asse con portali apribili verso l’esterno e schermati da vetrate, in modo tale che risultino traguardabili anche da chi costeggia la facciata del museo; e, infine, la scelta assai ricercata di mutuare l’apparato grafico dalle tavole pubblicate ne Les monuments de Pise au moyen age da Georges Rohault De Fleury nel 1866.