La Battaglia dell’antico Teatro Garibaldi Aperto di Palermo e dei suoi occupanti è una delle esperienze e dei tentativi di riportare la cultura negli spazi di loro competenza, in tempi precari sempre più caratterizzati da perdite di identità e dinamiche sociali. Da 400 giorni questo teatro si propone ai palermitani come laboratorio di idee. Un sito riaperto, diventato così un luogo di sperimentazione per nuovi modelli culturali collettivi in cui la condivisione dei saperi e dei desideri e la cooperazione sostengono una progettualità partecipata e quotidiana, dove spettacoli, residenze, presentazioni di libri, si alternano a dibattiti e incontri.

Qui la regista Roberta Torre propone Insanamente Riccardo III, andato in scena ieri con replica stasera alle 20.30: «Il teatro Garibaldi – spiega la regista milanese ma trapiantata in Sicilia da vent’anni, rivelatasi al pubblico nel 1997 con Tano da Morire – è uno spazio a cui sono legata anche fisicamente dagli anni 90. Mi è sembrato un luogo perfetto dove lavorare sullo spettacolo, una forma di laboratorio che interagisce con il mondo circostante. E il progetto Insanamente è proprio in linea con l’idea di proporre una forma di teatro non in ambiti ingessati e borghesi»,

Un laboratorio iniziato a marzo che ha visto la coesistenza fra attori professionisti e pazienti psichiatrici: «Preferisco chiamarli attori pazienti e attori impazienti, ma in realtà non ho avuto alcun problema. Ho lavorato con i pazienti psichiatrici esattamente come lavoro con gli attori, non ho avuto nessun metodo diverso. Ho chiesto loro di usare i loro corpi e le loro emozioni e sono rimasta spesso sconvolta dalla potenza che ho ricevuto dalle loro azioni e dal loro mettersi in scena».
Riccardo III ovvero la lotta sfrenata per il potere, tematica quanto mai attuale: «Viviamo in tempi che ci impongono una riflessione. Siamo vittime di un potere malato e intorno vagano tanti Riccardo III, in un mercato che non è alla portata di tutti ma di uno solo». Nel cinema di Roberta Torre, i documentari sulle borgate romane di Tiburtino terzo e su Pasolini girati nel 2007 e portati a Locarno, le centinaia di immigrati di Sud Side Stori, e ora sul palcoscenico, non si parla di politica in senso stretto, ma è vibrante il senso di denuncia sociale che pervade i suoi lavori: «Io parto dal sociale e arrivo a raccontare storie su un piano politico, con la P maiuscola. Ecco, più che sulla contemporaneità amo riflettere sull’essenza tout court dell’uomo e il suo agire politico».

Fondamentale nell’allestimento è la parte musicale affidata a Enrico Melozzi, nome di punta della musica contemporanea, collaboratore di Giovanni Sollima: «Con Enrico ho già lavorato l’anno scorso nella messa in scena degli Uccelli di Aristofane al teatro Greco di Siracusa. Con lui mi misuro in una dinamica di suggestioni e improvvisazioni». Lo scorso agosto ha proposto uno studio di Lunaria di Vincenzo Consolo con canzoni originali scritte dalla cantautrice catanese Etta Scollo, e con Franco Scaldati in una delle sue ultime apparizioni: «Sono felice di aver lavorato con lui. Lui per me è l’immagine stessa di Palermo. Un personaggio misterioso che aveva la caratteristica di stupirti. Sempre. Su Lunaria non ha quasi mai parlato ma la sua presenza sul palcoscenico era potente, una cosa che mi è capitato di respirare rare volte in vita mia».