La libertà di circolazione dell’aria Schengen torna «al più tardi a fine giugno», ha affermato la commissaria agli Interni, Ylva Johansson, alla conclusione di una video-riunione dei ministri degli Interni della Ue, ieri. Aprire il 1° luglio, «è un obiettivo comune» ha precisato la Croazia, che ha la presidenza semestrale a rotazione del Consiglio. Dopo quella data, potranno venire aperte anche le frontiere esterne della Ue, ma bisognerà aspettare la prossima settimana per avere maggiori precisazioni e molto dipenderà dal parere dell’Ecdc (Centro europeo per la prevenzione e controllo delle malattie).

PER LA RIAPERTURA delle frontiere interne non è stato possibile raggiungere un accordo per il 15 giugno, data scelta da una grande maggioranza degli stati per rendere liberi i passaggi: c’era una «quasi unanimità», ha spiegato il ministro degli Interni belga, Pieter De Crem, ma la Spagna non era d’accordo. Per Ylva Johansson, «alcuni non sono ancora pronti a farlo», per ragioni di prudenza sanitaria e non sono ancora del tutto escluse brutte sorprese a fine mese per l’imposizione di test da parte di alcuni paesi (la Grecia per esempio).

IL GOVERNO SPAGNOLO, che deve far fronte a tensioni interne tra diverse regioni che premono per aprire ai turisti, ha cercato di uscire dall’impasse, con la lettera, firmata dal primo ministro Pedro Sánchez assieme a Giuseppe Conte, spedita alla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen. I due primi ministri chiedono alla Ue «coordinazione non discriminatoria e in base a criteri epidemiologici chiari e trasparenti». Sánchez e Conte insistono in particolare su «criteri sanitari comuni in tutta la Ue per i trasporti, con protocolli concordanti». Già ora alcuni paesi non fanno più controlli: l’Italia dal 3 giugno, ma anche Lussemburgo, Olanda, Svezia, Slovenia, Malta, Lettonia. Una maggioranza, tra cui Francia e Germania, ha scelto la data del 15 giugno per riaprire. Altri attuano una politica di differenziazione: la Croazia ha aperto a 10 paesi dal 28 maggio, l’Austria a tutti i confinanti meno l’Italia, la Repubblica ceca ha dato il via libera ieri anche a Germania e Austria, con dieci giorni d’anticipo sul previsto.

DA TEMPO ci sono delle “bolle” di libertà di circolazione, come tra i Baltici o tra alcuni paesi dell’est, mentre un tentativo in questo senso è esploso in Scandinavia, dove la Danimarca (e la Norvegia, che non è nella Ue) non accettano gli svedesi, perché non hanno subito il confinamento.

La vigilia della video-riunione dei ministri degli Interni, la Commissione europea ha chiesto agli stati membri di mettersi d’accordo su una decisione comune per le frontiere. Per la Commissione, la chiusura «non è più un metodo efficace per contenere l’epidemia».

La Commissione, che non ha veri poteri sull’applicazione del trattato intergovernativo di Schengen e può solo limitarsi ad esortare all’unità, è preoccupata per la confusione e le divisioni esplose al momento del panico per il Covid, a marzo. Ogni paese ha agito da solo, con precipitazione, chiudendo le frontiere e mandando all’aria nel giro di pochi giorni una delle conquiste più simboliche della costruzione europea: la libera circolazione delle persone, una delle 4 libertà fondamentali. Con fatica, dopo alcuni giorni di lunghe code, sono poi stati aperti dei “corridoi” per i camion, per il trasporto merci (a marzo sono rimasti bloccati persino dei camion che trasportavano l’indispensabile materiale sanitario).

LA UE PROROGA la chiusura delle frontiere esterne, che a metà marzo era stata stabilita fino al 15 giugno. Ma, vista la mancanza di unanimità per quella data rispetto alla riapertura dello spazio Schengen, non avrebbe senso permettere prima i viaggi dal resto del mondo. Probabilmente, per le frontiere esterne si andrà a una riapertura differenziata, a seconda dello stato della diffusione dell’epidemia nelle varie parti del mondo (preoccupa in particolare l’America latina).