Prima il Cts, poi la cabina di regia e alla fine a tirare le fila sarà Draghi, in conferenza stampa. All’ordine del giorno le riaperture, capitolo sul quale al momento c’è una sola certezza: arriveranno. Il quando e il come restano in sospeso. Le Regioni hanno presentato ieri una proposta precisa: ristoranti aperti anche la sera con regole di distanziamento rigide. Anche quelli al chiuso, però «privilegiando gli spazi esterni», frase per la verità un po’ insensata.

Cinema e teatri aperti, con le solite regole di distanziamento, mascherine, sanificazione e misurazione della febbre all’ingresso, questa però solo al condizionale. Senza condizionale di sorta invece la necessità del tampone certificato nelle 48 ore precedenti. Riapertura anche di piscine e palestre, sempre con la distanza come magica parola chiave e senza accesso a docce e spogliatoi.

GIÀ MA LA DATA? Il documento se la cava con un non precisato «tempestivamente». Il giorno segnato col cerchietto rosso dai presidenti però sarebbe il 26 aprile. Nel pomeriggio Draghi incontra le prime delegazioni dei partiti per discutere il Pnrr ma naturalmente lo scambio di idee sulle riaperture ci scappa.

Scontata in partenza la posizione della Lega ma anche Crimi, l’eterno reggente dei 5S, insiste per fare presto. Insomma, bisogna «tenere conto della situazione cambiata» e cambiata in meglio, s’intende. Questi però sono elenchi di desideri ispirati a un roseo ottimismo. Non è questo, infatti, il percorso che hanno in mente il ministero della Salute e palazzo Chigi o più precisamente non è questa la strada che i dati del contagio e della vaccinazione consigliano di seguire. «Riaprire di blocco vorrebbe dire rischiare di richiudere a breve», spiegano alla presidenza del consiglio.

«Non sarà un interruttore on/off: da chiuso a riaperto», duettano alla Salute. Insomma ci vorrà gradualità e non a partire dalla fine di aprile ma dall’inizio di maggio. Primo passo la scuola: per garantire almeno un mese di presenza per tutti non si può perdere un giorno. Poi, presumibilmente la settimana dopo, i ristoranti a pranzo, con ancora in ballo la scelta se limitare le riaperture a quelli con spazi esterni come vorrebbe il ministero o no. Dal 14 le aperture anche serali, con probabile slittamento del coprifuoco di due ore. L’intero cronoprogramma è da definire ma ad aprire per ultime dovrebbero essere palestre e piscine mentre le regole sulla mobilità sembrano destinate a essere allentate in misura limitata.

PALAZZO CHIGI RITIENE fondamentale sottolineare che siamo di fronte a un cambio di fase radicale, ed è probabile che oggi Draghi illustrerà proprio questo concetto. Non si tratta solo di riaprire ma di inaugurare se non la terza fase almeno il terzo fronte del nuovo governo dopo pandemia e vaccinazioni: quello della crescita. Nelle intenzioni di Draghi il prossimo dl, basato sullo scostamento di bilancio deciso ieri, non dovrà servire solo a ristorare ma a spingere la ripresa. Dunque già dal nome, dl Crescita Imprese, sarà orientato da una diversa stella polare.

LO SCONTRO SUL FRONTE delle riaperture non implica però la fine di quello sul fronte ministro della Salute. Ieri a farsi sentire è stata FdI, con una mossa che era in fondo obbligata e attesa sin dall’inizio: l’annuncio della mozione di sfiducia. Per sorella Giorgia è una tipica mossa win-win. Se Salvini la vota, comunque vada a finire la conta la maggioranza ne esce a pezzi.

Se invece il leghista fa prevalere la logica della responsabilità di maggioranza, la leader di FdI avrà gioco facile nell’additarlo come parolaio salassandogli così altri voti. La prima reazione de leghista sembra indicare la via della fedeltà alla maggioranza: «Non è facile governare con il Pd e Speranza ma è necessario». Poi la Lega prende tempo: «Vogliamo leggere la mozione prima di decidere». La via d’uscita dovrebbe essere insistere per una commissione d’inchiesta sulla gestione della pandemia da parte del governo Conte.

SALVINI SI RENDE CONTO perfettamente dell’impossibilità di rimuovere Speranza, tanto blindato dalla maggioranza che esce dal mutismo persino Conte: «È in prima linea da un anno. Metterlo in discussione è irresponsabile». Per Draghi toccare quella casella equivarrebbe a far crollare l’intero edificio. Per il leghista si tratta di uscire da un assedio fallito minimizzando il danno.