Un’intercettazione telefonica squaderna profili social, «studi» sugli esplosivi e devozione al Califfo. Così tre kosovari si sono rivelati tutt’altro che semplici camerieri: fra preghiere e fitness si addestravano per poter colpire Venezia. L’indagine si è conclusa l’altra notte con l’arresto di Arjan Babaj, 27 anni, residente nel sestriere di San Marco, leader della cellula terroristica; Dale Haziraj 25 anni, di Castello e Fisnik Bekaj 24, abitante a Marghera. Fermato anche un minorenne sempre kosovaro. Dopo una segnalazione anonima, gli investigatori hanno ascoltato conversazioni inneggianti all’Isis, con tanto di target.

«A Venezia guadagni subito il paradiso, da quanti miscredenti ci sono. Metti una bomba a Rialto» è la frase che ha fatto scattare l’allarme rosso. Il blitz dei reparti speciali a casa degli arrestati è durato una decina di secondi. Poi sono scattate le perquisizioni in 12 alloggi nel centro storico e in Terraferma. Il procuratore di Venezia D’Ippolito ha spiegato: «Si addestravano attraverso esercizi fisici ed esaminando i video dei fondamentalisti Isis che insegnano come si uccide con il coltello». L’indagine restituisce anche le intercettazioni del trio all’indomani dell’attentato del 22 marzo a Londra, festeggiato esprimendo «apprezzamento e consenso». E spuntano le simulazioni per confezionare ordigni ad alto potenziale esplosivo, insieme all’indizio che ha avviato l’intera inchiesta: «Un piccolo episodio risalente al 2015. Un anno dopo abbiamo cominciato a controllare un cittadino kosovaro di ritorno dalla Siria dove riteniamo fosse andato a combattere» rivelano i magistrari.

Comincia così la registrazione delle conversazioni che conducono ai tre e al locale adibito a centro di preghiera dove si incontravano. «Non vedo l’ora di prestare giuramento ad Allah per compiere mille attentati» confessava uno dei tre. «La metti e… boom» rispondeva l’altro e «se domani mi danno l’ordine sono obbligato a uccidere». L’allarme-terrorismo a Venezia rimane al massimo livello.