Con 19 mila nuovi casi positivi al coronavirus, le ultime 24 ore segnano un rallentamento del virus.

Certo, si tratta di tremila casi in più del giorno precedente, ma il numero di tamponi eseguiti è cresciuto di una volta e mezza. Il rapporto tra nuovi casi e test effettuati scende così al 10,6%. Cala anche l’occupazione delle terapie intensive, con 81 letti liberati solo ieri. Nei reparti ordinari, i pazienti in meno sono 376. Ma sui posti letto liberi pesa anche il numero elevato di decessi, risalito a 785 vittime in un giorno.

«Rispetto a 1-2 settimane fa abbiamo una situazione in miglioramento ma questo non vuol dire che sia una situazione di tranquillità, tutt’altro, perché trovare oltre 19mila positivi in un giorno vuol dire che siamo ancora su livelli molto elevati», la valutazione di Gianni Rezza, direttore della prevenzione al ministero della salute e membro del Comitato tecnico scientifico. «Rispetto al numero dei tamponi fatti siamo ancora sopra del 10% che e’ una soglia critica».

Il commento di Rezza arriva durante il consueto incontro con i giornalisti del martedì, quando con il collega Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità e anche lui nel Cts, commenta la situazione epidemiologica. Anche Brusaferro invita alla prudenza, in vista delle decisioni sul Natale da parte del governo: «Sarà un Natale-Covid, che ci auguriamo unico e speriamo ultimo rispetto alla storia che vivremo. Ciò vuol dire organizzarci evitando le aggregazioni in maniera più decisa possibile. Le ondate successive non sono scritte nelle stelle ma nel modo in cui ci comporteremo».

La speranza che sia l’«ultimo» Natale con il virus è riposta nei vaccini. Proprio ieri le aziende Pfizer e BioNTech hanno presentato all’Agenzia Europea del Farmaco la richiesta di autorizzazione al loro prodotto. L’Agenzia ha promesso una valutazione accelerata dei dati clinici presentati dalle aziende, fissando per il 29 dicembre l’ultima data utile affinché il suo comitato scientifico si esprima nel merito. Entro una settimana, anche la britannica AstraZeneca dovrebbe fare altrettanto, nonostante i dati di efficacia annunciati siano apparsi meno favorevoli rispetto alle concorrenti. Lo ha affermato Piero Di Lorenzo, amministratore delegato della Irbm di Pomezia, una delle aziende-partner di AstraZeneca.

Poi toccherà al governo garantire una tempestiva distribuzione dei vaccini. Cosa non facilissima, visto che nel caso di Pfizer il vaccino va conservato a -70 gradi. «Il piano vaccini c’è, è pronto», spiega Rezza. Lo presenterà oggi in Parlamento lo stesso ministro della salute Roberto Speranza «Dovremo costruire una campagna di vaccinazione molto larga» ha detto il ministro dal canto suo, promettendo a partire dal primo trimestre 2021 ben 202 milioni di dosi, che basteranno anche per i richiami.

«L’Italia avrà il 13,65% dei vaccini opzionati in sede europea». Sulle quote si è espressa anche la direttrice generale per la salute della Commissione Europea Sandra Gallina: «Il punto importante è che tutti gli Stati membri avranno un accesso uguale a tutti i vaccini, e saranno gratuiti, perché il vaccino è stato interpretato come un bene comune». Un bene comune piuttosto anomalo, visti i profitti che garantirà alle farmaceutiche e le barriere all’accesso per i paesi più poveri.

Un gruppo di lavoro al ministero, coordinato dallo stesso Rezza, ha già stabilito le categorie che lo riceveranno per prime: operatori sanitari, anziani e persone a rischio per altre patologie. Poi le forze dell’ordine e, forse, gli insegnanti. Ma su questo la discussione è ancora in corso. A chi chiede lumi sulla sicurezza di vaccini sviluppati in così poco tempo, ribatte Brusaferro: «C’è stato uno sforzo straordinario in tempi molto brevi per poter mettere a punto dei vaccini anti-Covid, ma questo non vuol dire che vengono derogate procedure di sicurezza. Quindi non parliamo di deroghe a meccanismi di valutazione di sicurezza e di efficacia».