La telecamera di sorveglianza di una piccola ditta di recupero metalli che la sede all’ombra dei piloni del ponte Morandi, a Genova, potrebbe fornire la «prova regina» agli inquirenti che indagano sul crollo del 14 agosto 2018, quando il viadotto autostradale venne giù uccidendo 43 persone. Il video è stato diffuso ieri ai media dalla Guardia di Finanza. È stato tenuto segreto per quasi un anno per non compromettere le testimonianze: per i pm dimostrerebbe che a causare il crollo fu il cedimento di uno strallo. Le immagini inquadrano il pilone 9 al di là dei tetti dei capannoni, ma sono poco nitide e disturbate dalla pioggia: si vede lo strallo a sud ovest cedere, ma non è chiaro se il cedimento cominci dall’alto – il punto di aggancio sul pilone – o dal centro. Per la società Autostrade, gestore della rete, che si deve difendere dal sospetto di aver causato il crollo con la cattiva manutenzione, malgrado il video «non è possibile affermare che il crollo sia stato determinato dal cedimento dell’attacco degli stralli».

Mentre va avanti l’attività investigativa, le responsabilità di Autostrade sono già certissime per il Movimento 5 Stelle. Del resto fu lo stesso presidente del Consiglio a dire, all’indomani della tragedia, che non si potevano aspettare i tempi della giustizia. Su quella base già ad agosto fu fatta partire dal governo la procedura per la revoca della concessione ad Autostrade – società del gruppo Atlantia, primi azionisti i Benetton – che è il principale gestore privato della rete nazionale. In un anno, quasi, non si sono fatti grandi passi in avanti, siamo ancora agli annunci del ministro dei trasporti Toninelli che ieri ha detto che «nelle prossime settimane chiuderemo il procedimento con un decreto mio e del ministro Tria e si vedrà che cosa si potrà fare».

La commissione tecnica di parte ministeriale, incaricata da Toninelli di studiare le clausole del contratto di concessione (63 pagine anticipate ieri da alcuni quotidiani), ha messo a fuoco un «grave inadempimento» da parte di Autostrade delle obbligazioni di «custodia e riconsegna dell’infrastruttura», inadempimento «definitivo» e «irrimediabile». Di conseguenza secondo la commissione gli articoli del contratto di concessione che prevedono l’obbligo per lo stato, in caso di revoca in qualsiasi modo motivata, di risarcire Autostrade dei mancati guadagni fino al termine previsto dalla concessione – 2038 – non scatterebbero. Anche se gli stessi commissari ministeriali non escludono che Autostrade possa far valere in giudizio le clausole a lei favorevoli, ottenendo il riconoscimento del diritto all’enorme indennizzo, stimato intorno ai 25 miliardi. L’inadempienza, infatti, andrebbe accertata giudiziariamente.

Che la relazione non tranquillizzi del tutto i 5 Stelle, che pure ne traggono argomento per accelerare sulla «caducazione» della concessione, lo testimoniano le parole di ieri di Toninelli, che ha attaccato il contratto di concessione da un’altra strada: «Una clausola per cui lo stato, anche se revoca in maniera legittima per gravi inadempimenti la concessione, deve comunque pagare ad Autostrade tutti gli utili non esiste, è illegittima, è incostituzionale».

Ma i 5 Stelle vogliono presentarsi il prossimo 14 agosto a Genova con un procedimento avviato. E così prima Toninelli («mi auguro che la Lega non voglia fare l’avvocato di Benetton») poi Di Maio («Il silenzio della Lega sulle concessioni dispiace, fa sentire ancora più protetti i Benetton. A me il partito dei Benetton non fa paura») attaccano. Salvini la prende malissimo, lascia il Consiglio dei ministri dove Di Maio neanche si presenta, assicura che anche per lui «chi ha sbagliato deve pagare, caro e fino in fondo» ma «non devono andarci di mezzo migliaia di lavoratori o piccoli risparmiatori». Quanto ai primi, anche secondo i sindacati ci sono tra i 4 e i 5mila lavoratori non garantiti, anche se le clausole prevedono il passaggio dal vecchio al nuovo concessionario. Quanto agli azionisti, ieri dopo le dichiarazioni di Toninelli, il titolo Atlantia ha perso il 3,2% in borsa. Ma a pagare subito saranno i detenuti di Genova che avrebbero potuto essere reinseriti al lavoro grazie a un accordo tra comune e ministero della Giustizia. All’ultimo momento, ieri, il ministro Bonafede non ha firmato per «problemi amministrativi». Anche Autostrade, infatti, era coinvolta nel recupero dei detenuti.