Passa con voto unanime alla Camera l’istituzione del reato di «revenge porn», mentre la Lega rimanda la battaglia per la castrazione chimica: ieri la seduta sul ddl Codice rosso ha fatto segnare un passo avanti dei 5 Stelle rispetto ai soci del Carroccio. L’appuntamento in aula era delicato: la scorsa settimana i pentastellati avevano presentato al Senato il loro disegno di legge per bloccare la diffusione in rete di video porno per vendetta mentre alla Camera le opposizioni portavano in aula emendamenti per inserire lo stesso reato nel Codice rosso, il ddl contro la violenza di genere, velocizzandone così l’entrata in vigore.

PRIMA L’EMENDAMENTO a firma Laura Boldrini (Leu) veniva bocciato e poi quello di Federica Zanella (Fi) bloccato, scatenando le proteste tanto da costringere il presidente della Camera, Roberto Fico, a stoppare tutto, con i 5S bersagliati dall’accusa di aver strumentalizzato la materia a fini elettorali. Luigi Di Maio, che era in missione in Usa, aveva dovuto chiarire: «Voteremo gli emendamenti».

Ieri è arrivata la ricucitura: 461 voti a favore e nessuno contrario al testo partorito in mattinata in commissione, relatrice la 5S Stefania Ascari, con il beneplacito delle opposizioni, che hanno ritirato i subemendamenti. Forza Italia e Pd hanno accolto il voto in piedi battendo le mani, per sottolineare il loro successo. «È una vittoria delle opposizioni» ha esultato Boldrini. «Rispetto alla brandizzazione della proposta, ha prevalso la tutela delle donne» il commento di Zanella. E Giuditta Pini del Pd: «Abbiamo dovuto occupare l’aula per far votare la maggioranza giallo verde insieme a tutti noi». I 5S sono arrivati preparati e per conquistare le telecamere hanno indossato una rosa rossa.

Il reato di «revenge porn» prevede il carcere da uno a sei anni e una multa da 5 a 15mila euro per chi diffonde senza consenso foto o video. Stessa pena per chi contribuisce alla loro divulgazione. Previste aggravanti se il reato è commesso dal partner o da un ex. La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti sono commessi in danno di persona in inferiorità fisica o psichica o di una donna incinta. Il delitto è punito su querela di parte, sei mesi per presentarla. Oggi dovrebbe arrivare il voto finale sul Codice rosso, che passerà al Senato.

SE FICO SI È DETTO «soddisfatto della convergenza trovata alla Camera», Di Maio ha sottolineato: «Bene l’emendamento unitario ma poi portiamo subito in aula la legge della senatrice Elvira Evangelista per regolamentare la materia nel suo insieme». Il capogruppo a Palazzo Madama, Stefano Patuanelli, ha spiegato: «Segue il nostro impegno per approvare una legge organica, che si occupi anche di privacy, dell’oblio, della responsabilità delle piattaforme web e dei percorsi di educazione per studenti e docenti».

Dal campo della Lega si è fatta sentire la ministra Giulia Bongiorno: «Sul revenge porn c’è condivisione da pare di tutte le forze politiche». Mentre sulla castrazione chimica i 5 Stelle hanno fatto muro. Il Carroccio prima ha spinto per la prova di forza poi, difronte a una sconfitta sicura, ha fatto marcia indietro: «Noi della Lega avevamo chiesto di aggiungere con un emendamento il trattamento farmacologico volontario e reversibile. Siamo consapevoli – ha ammesso Bongiorno – che questo emendamento, in questa fase, non è condiviso dai 5S». Ma il tema è solo rimandato, la Lega lo inserirà in un nuovo ddl. «Se uno è malato va curato. Mi aspetto che il 99% del parlamento voti a favore», ha tirato dritto Matteo Salvini che, per non rimanere escluso dal voto sul «revenge porn», ha poi aggiunto: «Sono orgoglioso di questo parlamento, di questo governo, di questa maggioranza e della mia Lega». E preso dall’entusiasmo ha anche proposto di «creare un telefono rosso che permetta alle donne di denunciare e di essere ascoltate». La deputata dem Lucia Annibali l’ha gelato: «Non sa di cosa parla e utilizza le donne solo per fare propaganda. Esiste già il 1522, numero antiviolenza istituito dalla presidenza del consiglio nel 2006 e nel 2013 integrato con l’assistenza alle vittime di stalking».

MENTRE CRISTINA ORNANO, segretaria di Area (l’associazione delle toghe progressiste), boccia la castrazione chimica: «È una pratica contraria ai principi costituzionali e alle norme in materia di tutela della dignità della persona e dei trattamenti terapeutici. Inutile ai fini del contrasto alla violenza di genere, rischia di essere anche inefficace».