Con un tasso di positività attestatosi all’11,6%, sceso dello -0,9% rispetto al giorno prima, e con la conta dei morti che si ferma a 483 (contro i 620 delle 24 ore precedenti), si potrebbe pensare che la seconda ondata epidemica si stia spegnendo. Ieri infatti sono stati individuati 19.978 nuovi casi di contagio da Covid-19 con 172.119 test, mentre 183 persone sono state ricoverate nelle terapie intensive di tutto il Paese, sei in più rispetto alla giornata precedente. Eppure, c’è chi avverte: «L’epidemia è ancora fuori controllo, con un’importante circolazione del virus in tutte le Regioni». A denunciarlo è il direttore scientifico della Società Italiana di Malattie Infettive e tropicali e docente all’Università di Roma Tor Vergata, Massimo Andreoni, che spiega: «Servono misure più rigorose, altrimenti questa situazione potrà complicare la campagna vaccinale».

UNA CAMPAGNA che è ancora agli inizi: fino a ieri, ore 15:05, nei 263 punti di somministrazione italiani erano state inoculate 512824 dosi di vaccino allo 0,75% della popolazione italiana. In testa alla classifica delle regioni più virtuose c’è la Campania, con il 75,2% delle dosi ricevute, seguita dal Veneto, e in fondo c’è ancora la Lombardia con il 30,8%, ma la neo assessora alla Sanità regionale Letizia Moratti nega disguidi: «Il piano vaccini della Lombardia – ha affermato – sta andando avanti nei tempi previsti, ma faremo il possibile per migliorarlo ulteriormente».

In questo contesto il governo sta valutando nuove restrizioni, come suggerito degli epidemiologi, da inserire eventualmente nel Dpcm che verrà varato venerdì 15 gennaio con le misure anti-Covid che dovranno entrare in vigore dal giorno successivo, alla scadenza del precedente. L’Istituto superiore di Sanità e il Comitato tecnico-scientifico hanno infatti chiesto che si abbassi la soglia dell’Rt che distingue le “zone arancioni” da quelle “rosse”: nel caso in cui l’incidenza settimanale dei casi fosse superiore a 250 ogni 100 mila abitanti, dovrebbe scattare automaticamente la conversione della regione in “zona rossa”. Secondo le indicazioni degli scienziati, bisognerebbe limitare il contagio al di sotto dei 50 casi su 100 mila abitanti, per tenere sotto controllo la pandemia, mentre attualmente la media nazionale è di 150/170 casi ogni 100 mila abitanti e in passato sono stati registrati picchi fino a 400.

UNA DECISIONE che però il governo vuole concordare con le Regioni nell’incontro convocato dal ministro degli Affari regionali Francesco Boccia per lunedì mattina, al quale parteciperà anche, in videoconferenza, il responsabile nazionale della Salute Roberto Speranza.

MOLTI AMMINISTRATORI e dirigenti sanitari regionali però hanno già espresso una certa perplessità riguardo la proposta dell’Iss perché un tale abbassamento della soglia porterebbe regioni come l’Emilia Romagna e il Veneto immediatamente in “zona rossa”, finendo per penalizzare però paradossalmente proprio quelle amministrazioni più attente al contact tracing e che eseguono il maggior numero di tamponi sul proprio territorio.

DISORIENTA PERÒ Apprendere che gli stessi membri del Cts non parlano con una sola voce. Ieri, per esempio, mentre sul Corriere della Sera Luca Richeldi spiegava che «è sbagliato parlare di terza ondata: la curva epidemica non si è mai abbassata in modo deciso e comunque ogni calo è stato il risultato delle restrizioni sociali introdotte. Se non ci fossero state, le infezioni avrebbero volato», sulle testate di Qn il capo dei consulenti tecnico-scientifici del governo, Agostino Miozzo, azzardava: «La curva epidemica è stabile: non si alza ma neppure si abbassa. A questo punto tutti devono prendere atto della realtà. C’è una sola cosa da fare ed è convivere con il virus, calcolando il rischio. È ora di permettere delle aperture, pur sapendo che la curva si alzerà. L’importante è controllare che salga di poco». Miozzo però è stato criticato dal dem Matteo Orfini che lo ha invitato a parlare di meno con la stampa e a rendere pubblici, invece, «dati certi e affidabili dopo mesi di pandemia, incredibilmente ancora inesistenti», in sostanza, a «fare quello per cui è stato istituito: fornire strumenti tecnici sui quali costruire le valutazioni politiche».