Massimo Paolucci (eurodeputato Mdp, ndr), una delle questioni sul tavolo di Leu è la collocazione europea. Gli eurodeputati di Mdp resteranno nel gruppo dei Socialisti e democratici?

Resto un europeista convinto. È un’illusione pensare di fermare i dazi di Trump e lo strapotere della finanza dal fortino nazionale. Non si svolge un ruolo attivo nelle politiche per arginare il riscaldamento del pianeta barricandosi nella propria piccola terra. Ma sarebbe un errore non riconoscere che la crisi ha travolto un’Europa divisa e debole. Basta ipocrisie: se l’Unione non sarà riformata non ha futuro. Serve un nuovo «europeismo costituzionale» legato ai valori della nostra Carta. Mi sento invece distante dai sermoni di Varoufakis.

S&D vuole candidare il rigorista Pierre Moscovici, socialista francese, come presidente della Commissione europea.

Nulla di personale contro Moscovici, ma la sua candidatura è sbagliata. Non si può sostenere la necessità di una svolta delle politiche dell’Ue e poi candidare al posto di Juncker il suo commissario alle politiche economiche e monetarie. In tanti, nel campo socialista esprimono riserve. Serve un’altra candidatura, non possiamo essere autolesionisti.

Insomma vi state avvicinando al Gue?

Stiamo con i piedi saldamente in Europa ma per rifondarla: abolire il fiscal compact, mutualizzare il debito, scorporare gli investimenti dal calcolo del disavanzo, riformare lo statuto Bce, modificare le norme sugli aiuti di stato.

Siete tentati dall’euroscetticismo?

Assolutamente no. Sbaglia chi propone di uscire dall’euro ma non chi sostiene che l’euro sia una grande idea realizzata malissimo e gestita ancora peggio.

Le prossime elezioni europee saranno un cataclisma per i socialisti?

Il disastro elettorale italiano è solo l’ultimo dei campanelli dall’allarme. Anche i popolari sono in affanno e reagiscono alle sconfitte spostandosi a destra. L’iniziativa di Macron può sparigliare, ma non è in grado di arginare l’avanzata delle forze anti establishment. È miope illudersi di rilanciare l’Unione europea senza mettere in discussione le politiche di questi anni. Chi vota i cosiddetti populisti non è sbarcato da Marte. Sono uomini e donne colpiti dalla crisi che non hanno più una adeguata protezione sociale. Non li riconquisteremo ricordando il manifesto di Ventotene. La crisi dei socialisti europei è dentro queste contraddizioni, nella incapacità di dare risposte adeguate alla crisi del capitalismo che non è più in grado di garantire uno sviluppo stabile e duraturo. È un problema di cultura politica.

Cos’è oggi il Pse?

Il Pse, a differenza del gruppo S&D, è un guscio vuoto, non ha una vita democratica. È stato il megafono dei capi di governo socialista, si è mosso nel perimetro della grande coalizione con il Ppe e in un orizzonte politico e culturale non autonomo dal liberismo. I socialisti europei sono ad un bivio. Devono fare i conti con le scelte sbagliate dei governi di cui sono stati protagonisti. Devono decidere se arroccarsi o impegnarsi per un campo più largo, in alleanza con le altre forze della sinistra ambientalista con le quali spesso ci ritroviamo a votare insieme.

La Ue reagisce al nuovo governo italiano, populista e sovranista, con il solito monito a difesa dei conti.

Le parole di Manfred Weber corrono il rischio di essere un favore alla propaganda giallo-verde. L’Italia ha la legittimità ed il peso per chiedere di modificare la politica economica.

Sarà difficile fare opposizione a un governo che, come voi, chiede un cambio all’Unione europea?

Faremo un’opposizione di merito. Con l’assillo di parlare ai milioni di elettori di sinistra che li hanno votati. Intransigente sui diritti civili e sulle regressioni razziste. Del resto il ’contratto’ è zeppo di contraddizioni. È giusto riformare la Fornero ma dove prenderanno le risorse se con la Fiat tax si distrugge la capacità fiscale? Aboliranno il Jobs Act? Sulla ’buona scuola’ hanno cambiato idea? I 5 stelle sanno che Salvini, come Trump, ha votato contro la ratifica dell’accordo di Parigi sul clima?