La casa per ospitare i «responsabili per Conte» c’è, ma ancora gli ospiti scarseggiano, e non è detto che i senatori volenterosi vogliano entrarci, o se preferiranno altri ostelli. La casa è il nuovo gruppo «Maie-Italia23», nato ieri dalla componente del Misto degli italiani eletti all’estero (il Maie appunto) con l’aggiunta dell’ex forzista Raffaele Fantetti (che ha regisrato qualche settimana fa il sito «Italia23») e dell’ex M5S Maurizio Buccarella, entrato ieri intonando il celeberimmo brano di John Lennon, cambiato in «Give Conte a chance». Verso il sì a Conte anche il comandante Gregorio De Falco.

Ieri però rispetto ai rumors del giorno prima è stato il giorno delle smentite di molti papabili, dalle renziane Gelsomina Vono e Donatella Conzatti agli ex M5S Marinella Pacifico e Carlo Martelli alla forzista Barbara Masini. Restano invece possibilisti, tra gli ex grillini Tiziana Drago, Valerio Ciampolillo e Gianni Marilotti, verso il sì i forzisti Andrea Causin e Anna Carmela Minuto, ma a palazzo Chigi si spera di arrivare addirittura a 10 di Forza Italia.
In dubbio Leonardo Grimani di Italia Viva che spiega: «Sto facendo valutazioni di coscienza ma non sono un responsabile ad oggi. Penso che vada ricostruito il perimetro della maggioranza uscente, e comunque non entrerò nel Maie, un progetto velleitario». Tra i renziani, vengono dati in bilico anche l’ex forzista Vincenzo Carbone, Eugenio Comincini e Mauro Marino, critici sullo strappo del loro leader.

E POI C’È IL CASO DEL SOCIALISTA Riccardo Nencini, che ha dato il suo simbolo del Psi per far nascere il gruppo di Italia Viva a palazzo Madama, è contrario alla caduta del governo ma ancora non ha spiegato cosa farà: ieri Conte l’ha chiamato personalmente, pare che gli abbia offerto il ministero dell’Agricoltura, ma la telefonata non sembra aver prodotto risultati. Un rebus sempre più intricato, quello del Senato, che non prefigura quella chiarezza attorno a un nuovo e stabile gruppo che sarebbe necessaria per sostituire Italia Viva e proseguire la navigazione con relativa serenità.

SPUNTA PERÒ UNA POSSIBILE sorpresa. L’ex teodem del Pd Paola Binetti, ora nell’Udc, si dice pronta a sostenere Conte «se lo farà tutto il mio partito». Con lei ci sono altri 2 senatori, Antonio De Poli e Antonio Saccone, che dice: «Non daremo una mano, vogliamo restare nel centrodestra». Per lunedì il segretario Lorenzo Cesa ha convocato la segreteria politica dell’Udc, per decidere il che fare. Lei insiste: «Un errore lo strappo di Renzi in una situazione così difficile per il Paese, a me piace la parola costruttori, ma Conte deve dare segnali sui temi della vitae della famiglia». Se entrassero i tre dell’Udc (su cui pesa l’appello del presidente della Cei Gualtiero Bassetti: «Questo è tempo di costruttori») sarebbe un colpaccio per Conte. In bilico il senatore a vita Mario Monti («Prima devo ascoltare Conte»), mentre i colleghi Elena Cattaneo, Liliana Segre e Carlo Rubbia sono per il sì.

AD OGGI LA MAGGIORANZA, senza Renzi, può contare su 147 senatori, compresi Sandra Lonardo Mastella e quelli del Maie che già votano la fiducia, Con De Falco, Drago, Cattaneo e un altro paio di incerti si arriva a 152. Una soglia sufficiente per superare lo scoglio di martedì (sulla manovra a fine dicembre il governo prese 156 voti), soprattutto se i renziani dovessero astenersi. Ma troppo bassa per garantire una navigazione per i prossimi mesi. «Non si governa con un senatore in più», avverte il dem Andrea Orlando. Ma il deputato e costituzionalista Pd Stefano Ceccanti spiega: «La Costituzione chiede che vi sia la maggioranza dei sì rispetto ai no e non una maggioranza assoluta. In passato il problema era il vecchio regolamento del Senato che prevedeva che le astensioni fossero considerate come dei no. Ma non è più così».

CONTE DUNQUE POTREBBE non avere bisogno di arrivare alla quota che oscilla tra 158 e 161 voti (contando o meno i senatori a vita), ma basterebbero i 152 che ha già radunato. Clemente Mastella, che in queste ore si presenta come regista dei responsabili, sente puzza di bruciato: «Nessuno pensi di recuperare il dialogo con Renzi alle spalle dei “responsabili”. Se prima l’area di governo era composta dai quattro partiti più alcuni responsabili, oggi è fatta dai tre partiti più i responsabili, cui si aggiungerebbe Italia Viva. Noi siamo responsabili ma non fessi». Sui nuovi arrivi arriva inattesa la benedizione di Alessandro Di Battista: «Molto meglio i responsabili rispetto a Renzi». E Di Maio: «Ci sono costruttori anche in Italia Viva».