Il 27 febbraio 1945 le forze nazifasciste entrano per rappresaglia a Fabbrico, a pochi chilometri da Correggio, i partigiani liberano i civili e freddano il maggiore della Gestapo. A Fabbrico viene ferito anche il partigiano Germano Nicolini, detto Comandante Diavolo, eletto in seguito sindaco di Correggio. In breve, è questa la storia.
Poi c’è la memoria, con il Comandante Diavolo omaggiato dai CSI nella canzone Linea Gotica. O il 25 aprile 1995 a Correggio, in cui presentarono il disco Materiale Resistente, una raccolta di brani dedicati alla Resistenza con le più importanti band indipendenti della scena italiana. Nicolini in quell’occasione si commosse sul palco. Vent’anni dopo i CSI diventano Post, non c’è Lindo Ferretti ma Angela Baraldi e tornano il 25 aprile a Correggio per il loro nuovo lavoro: Breviario partigiano. Un’idea di Massimo Zamboni che ha preso la forma di un cofanetto con film, libro e naturalmente un disco.

Musica e storia, non lo sentite un binomio anacronistico?

(Zamboni): «I CCCP e CSI sono sempre passati per un confronto fra musica e storia, non è un caso che l’album più importante dei CSI sia Linea Gotica. Dopo vent’anni siamo qua a ragionare su cosa vuol dire partigiano, Resistenza, vivere, dignità, persona. Volevamo ripresentarci con un progetto specifico e un nome ingombrante, formato da due termini antitetici, l’espressione della liturgia cattolica e il partigiano, che apparentemente è il contrario».

Restano pochi testimoni, l’ANPI ormai accetta di tesserare persone che non hanno partecipato alla Resistenza, quale tipo di narrazione portate avanti?

(Magnelli): «Resistere per noi è salire sul palco e portare avanti il bello, non rispondere merda a merda ma prendere il bastone, alzarsi e tirare fuori i denti, come diceva Modugno in Malarazza».
(Canali): «Ognuno ha il suo concetto di resistenza, lo stesso revisionismo è una forma di resistenza. Quella dei nostri padri e dei nonni è sacrosanta, a volte anche troppo celebrata e poco sentita. Purtroppo il messaggio di quel tipo di resistenza oggi passa difficilmente, il nostro è una specie di donchisciottismo applicato».

Il film e uno degli inediti del cd si chiamano Il nemico, chi è oggi il nemico e chi il partigiano? 

(Z.): «Nella parola nemico c’è il centro del problema: negli ultimi due anni di Resistenza il nemico aveva la stessa faccia e stessa cultura, aveva cioè costruito il medesimo paesaggio dell’amico. Il motivo per cui cercare le similitudini e le diseguaglianze, fra noi e il nemico, è che viviamo in un Paese completamente inconciliato. Ancora una volta chi ci toglie il lavoro e la terra non arriva con la zattera ma è vestito come noi e parla la nostra lingua». (C.): «Il partigiano contemporaneo è un’idea. Una resistenza ci sarà sempre, so che è pericoloso dirlo ma c’è stata anche nei ’70, sfociata poi in qualcosa di controproducente, perché chi ha i tentacoli arriva a mettere le mani dappertutto.».Nel libro ci sono circa 130 interventi fra registi, scrittori, musicisti, a cui avete chiesto cosa significhi essere partigiani. Che risposte avete trovato?
(Z.): «Diversissime,insieme in un vero breviario, tascabile, con la copertina di pelle e il nastrino rosso. Credo sia importante avere una pluralità di opinioni, in Fenoglio come in chiunque altro ti rendi conto di quante aspettative diverse c’erano fra rossi e azzurri».

Il motto sarà Resistere è: insistere di esistere. Che effetto vi ha fatto ascoltare Bella ciao ai festeggiamenti di Syriza ad Atene? 

(Maroccolo.): «C’era qualcosa di simile a quando la Nazionale vince i mondiali. In determinate occasioni ci si compatta, però l’esistere è una cosa troppo personale, non soltanto appartenenza. Appartenere a un pensiero, a un periodo, a una militanza, se non si esiste a priori, è da pecore, pure se in contesti nobili».

Vi siete dati appuntamento al Teatro Gualtieri, in provincia di Reggio Emilia, per scrivere musica e a Correggio per un grande evento, qual è il senso di questa continuità?

(Z.): «Semplice, la memoria della guerra partigiana va aggiornata continuamente, parlando di cosa significa vivere con gli altri, di minoranza e maggioranza e di chi detiene veramente il potere. Tuttora non abbiamo idea di cosa vuol dire essere cittadini, reclamare i propri diritti, pretendere di governare uno Stato realizzato tramite una lotta aspra. C’è stato l’affido del timone ai partiti e a dirigenti, per scoprire solo adesso che c’hanno fregato».

Il crowdfunding per finanziare il disco non potrebbe sembrare strumento superfluo per una band come voi? 

(Maroccolo): «Avevamo voglia di non perderci nei meandri contrattuali, sperimentando un modello che prevedesse l’aspetto della condivisione sin dai primi momenti. Il cofanetto non è per collezionismo ma un modo di contarsi e capire in che contesto stiamo vivendo, se quello che sentivamo noi era un’esigenza personale o collettiva. Al di là della ricompensa abbiamo visto che in tanti hanno fatto donazioni libere o si sono mossi per promuovere il progetto. Credo sia un segnale chiaro».

Non è contraddittorio che il grande assente, Lindo Ferretti, dopo aver rinnegato la sua appartenenza, abbia coniato il vostro nome, Post-CSI?

(Z.): «Le nostre vicende sono zeppe di contraddizioni. Io ho sbriciolato i CSI al culmine della loro storia, a me è toccato l’inaspettato compito di ricostruirli partendo da zero. Sull’ambiguità, sul nonsenso delle cose che facciamo, ci campiamo». (C.): «Adoro Giovanni ma di questa benedizione personalmente non ne avevo bisogno. Potevamo chiamarci in qualunque modo, ma ho a che fare con gente troppo seria». Canali, prima di salutarci, ci lascia con un malefico monito: «Ti rendi conto che morirete democristiani? Io me ne sbatto, tanto sono immortale». Già, come dovrebbe esserlo il ricordo della Resistenza.