«Nei momenti cruciali per il Paese, in tempi di crisi la memoria è fondamentale. Venendo in posti come questi c’è sempre molto da imparare dal modo di affrontarli: serve coraggio, fermezza e senso dell’unità, che furono decisivi per vincere la battaglia della resistenza». Guardare al passato pensando al futuro. Deve aver pensato questo ieri Giorgio Napolitano quando è intervenuto al Museo della Liberazione dove si è recato per celebrare il 25 Aprile. Ma se le sue parole volevano essere un incoraggiamento per il nascente governo delle larghe intese, beh almeno per una bella fetta dei suoi destinatari sono cadute nel vuoto. Con l’unica eccezione di Firenze, dove ha partecipato alla manifestazione ufficiale in piazza dell’Unità, dal Pdl non è infatti arrivata neanche una parola sul 68esimo anniversario della liberazione dal nazifascismo, così come neanche un suo deputato o senatore si è fatto vedere a nessuna della manifestazioni che si sono tenute in tutto il Paese. Non a caso Nichi Vendola ieri mattina respinge ogni analogia tra l’attuale momento politico e il Cln di quasi 70 anni fa: «Nel Comitato di liberazione nazionale convivevano diversità straordinariamente lontane e, per certi versi inconciliabili, ma solo un soggetto non c’era: i fascisti», dice il leader di Sel convinto che «erano altri gli alleati che si dovevamo cercare, visto che il nostro tema è uscire dal berlusconismo».

Ma a tenere banco tutto il giorno sono soprattutto le ultime esternazioni di Beppe Grillo. Il comico ha praticamente riscritto un vecchio successo come «Dio è morto» di Francesco Guccini (che chissà perché non ha detto niente) per attaccare il 25 Aprile dandolo ormai per morto, prendendo contemporaneamente di mira Enrico Letta, Napolitano e Berlusconi. «Nella nomina a presidente del consiglio di un membro del Bilderberg il 25 aprile è morto – scrive sul blog – nella grassa risata del piduista Berlusconi in parlamento il 25 aprile è morto, nella distruzione dei nastri delle conversazioni tra Mancino e Napolitano il 25 aprile è morto, nella dittatura dei partiti il 25 aprile è morto» e via continuando così.

Parole che arrivano dal leader di un movimento che solo pochi giorni fa ha proposto di tagliare i costi dei viaggi della memoria ad Auschwitz e che quindi rappresentano la solita retorica da comizio. Che non manca di suscitare reazioni. «Ogni giorno Grillo annuncia la morte di qualcuno o qualcosa… Non so se gli giova questo ruolo da becchino planetario», gli manda a dire Vendola, mentre per Rosy Bindi (Pd) «il populismo di Grillo è agli antipodi dei valori che hanno animato le donne e gli uomini della Resistenza».

Duro anche il commento della presidente della Camera. Da Milano, dove partecipa al tradizionale corteo per la Liberazione, Laura Boldrini commenta: «C’è chi parla del 25 aprile come una ricorrenza stanca e vecchia. C’è anche chi questa mattina ha scritto che è una festa morta. Vengano qui a Milano gli scettici, questa festa è più viva che mai, è la festa di tutti gli italiani liberi».

«Dire che il 25 Aprile è morto credo sia la peggior cosa che si possa dire», commenta invece Susanna Camusso. «E’ come cancellare la memoria, come dire che questo Paese non ha più nulla da condividere». Quelle parole, aggiunge il segretario della Cgil, «non sono satira, non si tratta di una provocazione. Ma è come provare a cancellare la radice comune di questo Paese».

In serata arriva anche la risposta di Enrico Letta. Il presidente del consiglio la dà alla delegazione del M5S convocata per le consultazioni: «Beppe grillo dice che il 2 aprile è morto: anche Dio è morto, ma Grillo non dice che dopo tre giorni è risorto».

Al comico genovese rispondono infine anche i partigiani della Brigata Stella Rossa, che si dicono «feriti e offesi» dalle sue affermazioni. «Queste parole mi hanno fatto molto effetto, se c’è un mezzo morto quello è lui con i suoi che lo seguono», dice Riccardo Lolli, 89 anni. «Grillo e i suoi devono capire che l’unica strada da seguire è quella della democrazia».