L’appuntamento è per oggi all’Hotel Ergife di Roma dove è stata convocata l’assemblea dei soci della Fondazione Alleanza Nazionale, nata per salvaguardare la storia politica, ma soprattutto la cassa dei postfascisti al momento della nascita del Pdl. La Fondazione non ha mai avuto vita facile, sempre al centro delle polemiche della diaspora ex missina, al centro dello scontro soprattutto i soldi, che non sono pochi (circa 230 milioni di euro) e che fanno gola a tanti, soprattutto a chi un posto in parlamento non ce l’ha ma gli piacerebbe ritrovarlo. E’ di notizia di pochi giorni fa che l’esposto dell’ex segretaria di Gianfranco Fini quando era segretario di An, che denunciava una gestione poco trasparente dei movimenti di denaro della Fondazione, non sarà archiviato.

Ma al centro del dibattito non ci saranno solo i bilanci e la destinazione di quei milioni di euro, oltre agli immobili sparsi un po’ in tutta Italia, ma anche il futuro del simbolo di An che in diversi vorrebbero scongelare. A lanciare per primo l’idea, dopo il ritorno a Forza Italia, di riunire sotto il vecchio simbolo gli eredi dell’Msi è stato Francesco Storace, unico degli ex colonnelli a non essere nel comitato direttivo della Fondazione. Con lui il 9 novembre a lanciare la sfida per riconquistare il simbolo anche Luca Romagnoli, segretario della Fiamma Tricolore, e alcuni esponenti della scomparsa creatura finiana Fli come Antonio Buonfiglio, oltre a una miriade di micro sigle e associazioni di destra. Un po’ a sorpresa ad abbracciare l’idea di un ritorno alla casa comune è stato recentemente anche l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, che relegato alla sua poltrona all’opposizione in Campidoglio ha lasciato il Pdl e fondato un suo movimento misconosciuto «Prima l’Italia». Così l’ipotesi che oggi i soci in assemblea con il voto palese domani scongelino il simbolo non è ora così remota come sembrava solo pochi mesi fa.

Più acceso il dibattito dentro Fratelli d’Italia, non solo perché il partito di Giorgia Meloni tiene alla sua posizione di forza, a cominciare dalla rappresentanza istituzionale, nel panorama della destra postmissina, ma anche perché un ritorno ad Alleanza Nazionale potrebbe mettere in crisi il processo di Officina per l’Italia con cui Fdi sta attirando a sé un’eterogenea galassia di soggetti senza collocazione: dallo stesso Gianni Alemanno a Magdi Allam, da Giulio Tremonti a Luciano Ciocchetti. L’idea che sta alla base dell’operazione dell’Officina è di segno opposto a quello di Storace e co: non la ricomposizione degli eredi dell’Msi ma l’allargamento anche a soggetti provenienti da culture più liberal. A cercare in queste una mediazione con Giorgia Meloni e l’altro leader di Fdi Guido Crosetto, sarebbe proprio Alemanno con l’altro ex colonnello Ignazio La Russa, con l’ipotesi di inserire il simbolo di An dentro quello di Fratelli d’Italia, sperimentando l’operazione a partire dalle prossime europee. Non è detto però che Storace e il suo codazzo di micro formazioni siano disponibili. Sul fronte opposto Maurizio Gasparri, ora in Forza Italia, che proporrà con un’altra mozione di destinare i soldi della Fondazione a iniziative per ricordare «i caduti della destra italiana» e a promuovere iniziative sulla storia della destra italiana. Contrari allo scongelamento del simbolo chiaramente anche chi ha seguito Alfano nel Nuovo centrodestra come Andrea Augello.

Costruire una casa comune dei postmissini sembra di fatto impossibile, e la lotta per il simbolo e il patrimonio dell’ex partito di Fini senza dubbio non finirà oggi.