Con 74 voti favorevoli e 56 contrari l’aula di Palazzo Madama, ieri mattina, ha approvato un nuovo disegno che porta indietro di decenni i criteri valutativi nelle nostre scuole. Il provvedimento, che ora dovrà passare per l’aula di Montecitorio, entrerà in vigore dal prossimo anno scolastico e si compone di tre articoli: il primo riguarda il voto in condotta relativo all’attribuzione del credito scolastico. «Solo se il voto di comportamento assegnato sarà pari o superiore a nove decimi sarà possibile assegnare il punteggio più alto nell’ambito della fascia di attribuzioni del credito stesso», tradotto: solo sei hai 9 o 10 in condotta potrai ottenere il massimo dei voti.

LA MAGGIORANZA ha inoltre messo mano alla valutazione degli apprendimenti alla scuola primaria: la valutazione periodica e finale degli apprendimenti sarà espressa con giudizi sintetici (probabile viatico al ritorno al voto numerico) mandando in soffitta la riforma del 2020 che introduceva i giudizi descrittivi (avanzato, intermedio, base e in via di acquisizione). Infine, l’articolo 3 reca «misure a tutela dell’autorevolezza e del decoro delle istituzioni e del personale scolastico». In particolare «la sentenza di condanna per i reati commessi in danno del personale della scuola», che, oltre all’eventuale risarcimento dei danni, prevede il pagamento di una somma da euro 500 a euro 10.000, a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell’istituzione scolastica di appartenenza della persona offesa.

L’INTERO IMPIANTO normativo, voluto e difeso in aula da Fratelli d’Italia, potrebbe tradursi in “repressione e disciplina” e, non a caso, proprio i senatori meloniani sono stati gli unici parlamentari della maggioranza a essere intervenuti ieri per difendere il provvedimento insieme alla sottosegretaria all’istruzione Paola Frassinetti, volto storico della destra post rautiana milanese e fautrice della proposta.

Proprio dai banchi della destra sono salite le urla più feroci contro gli studenti che «devastano le nostre scuole» e che da oggi, secondo loro, avranno un efficace deterrente per non manifestare più il loro dissenso con occupazioni e autogestioni. A opporsi tutte le opposizioni con l’eccezione di Azione. Il Pd, per bocca della senatrice Malpezzi, ha dichiarato che «l’idea di questo governo non è l’autorevolezza che deve emanare dalla figura dell’insegnante ma è l’autorità, punto. È come se si partisse dal presupposto che i ragazzi sono cattivi e come tali vanno puniti». A scagliarsi soprattutto contro la cancellazione del giudizio descrittivo alla scuola primaria è stato però il capogruppo dell’Alleanza Verdi e Sinistra Peppe De Cristofato che nel 2020, quando fu introdotta la riforma, era sottosegretario all’istruzione: «Voi avete scelto di non ascoltare la scuola e quell’esercito di maestre e maestri che ogni giorno svolgono un lavoro straordinario e del tutto malpagato. È davvero insopportabile e contraddittorio che parliate ancora di merito, senza garantire una uguaglianza di opportunità. Non servono certo graduatorie o classifiche per le bambine e per i bambini, serve, piuttosto, migliorare le informazioni descrittive, che aiutano gli allievi a conoscere se stessi e a essere orientati a dirigere la propria attività futura. Confondere, quindi, la valutazione col voto e attribuire a esso la funzione di stimolo dell’apprendimento significa non avere alcuna cognizione della complessità della questione. Questo provvedimento è miope, autoritario e portatore di un pensiero profondamente reazionario».

ANCHE ELISABETTA NIGRIS, docente presso l’Università Bicocca di Milano e coordinatrice della commissione che, nel 2020, ridefinì l’impianto valutativo nella scuola primaria ha commentato: «Questa proposta ribadisce la mancanza di dialogo fra la politica e la scuola che a gran voce, con tutte le associazioni professionali di docenti dirigenti e genitori, ha chiesto di non tornare indietro rispetto a una riforma che ha mobilitato risorse ed energie per ripensare alla valutazione e al fare scuola come strumento di promozione dell’apprendimento di tutti e di ciascuno». «Ancora una volta», ha concluso Nigris «invece la valutazione è intesa e imposta come strumento di controllo della disciplina in sostituzione di una formazione seria, precoce e continua che metta in grado i docenti di gestire la classe e insegnare in modo efficace».