Tra le spese per le missioni all’estero prorogate ieri dal Consiglio dei Ministri italiano, dal 1 ottobre al 31 dicembre 2013, c’è anche quella per il nostro personale militare in Bahrain. L’Italia continua a mantenere una presenza militare, seppur minuscola, in quel piccolo arcipelago che, sotto la monarchia assoluta di re Hamad bin Isa al Khalifa svolge una dura azione di repressione contro le proteste popolari per democrazia, uguaglianza tra i cittadini e per i diritti. Formulando la proposta al CdM di conferma della spesa, il presidente del Consiglio Letta e i ministri dell’interno, Angelino Alfano, degli esteri, Emma Bonino e della difesa, Mario Mauro, avrebbero dovuto considerare le pesanti violazioni che sono quotidianamente commesse in quel “baluardo dell’Occidente” nel Golfo, dove fa base la V Flotta Usa. O almeno leggere le ultime notizie in arrivo da Manama.

Figurano anche due minorenni,  Jihad Sadeq, 17 anni, e Mohammed Al-Meqdad, tra i cinquanta bahraniti condannati, alcuni in contumacia, qualche giorno fa a un totale di 430 anni di reclusione per reati di “terrorismo”, nell’ambito della repressione della “Coalizione del 14 febbraio 2011”, dal nome della rete politica protagonista dell’accampamento di Piazza della Perla a Manama, spazzato via dalla polizia con l’aiuto di truppe giunte dalla vicina Arabia saudita. Presieduto dal giudice Ali Al-Dhahrani, figlio del presidente del Parlamento, la corte ha emesso le sue sentenze basandosi sulle “confessioni” degli imputati spesso strappate sotto minaccia. Imputati e legali hanno boicottato il processo. Una sentenza giudicata dai centri per i diritti umani «contraria al diritto internazionale». A ciò si aggiunge la riduzione da dieci a due anni di reclusione della pena comminata a due poliziotti che avevano  picchiato a morte un detenuto.

Jihad Sadeq e Mohammed Al-Meqdad peraltro dovranno scontare dieci anni in un carcere per adulti. Erano stati fermati il 23 luglio dello scorso anno e trattenuti per 48 ore senza potere contattare le famiglie. I due ragazzi hanno denunciato di essere stati torturati e costretti a confessare reati che rientrano nella legge anti-terrorismo del regno a maggioranza sciita, guidato da 200 anni dalla dinastia sunnita al Khalifa. Tra gli altri condannati ci sono legali e attivisti per i diritti civili: l’avvocato Naji Fateel e l’attivista Hisham Al-Sabbag. «È stato un processo vergognoso, con un verdetto politico. Dovrebbero rilasciarli tutti immediatamente. Come si fa a condannare delle persone solo sulla base delle loro confessioni?», ha protestato la presidente del Centro per i Diritti umani del Bahrein (BCHR), Maryam Al-Khawaja (il padre, Abdel Hadi al Khawaja, sconta in carcere una pesante condanna per aver lanciato accuse alla monarchia).

Letta, Alfano, Mauro e Bonino peraltro dovrebbero sapere che re Hamad non consente agli inviati dell’Onu per i reati di tortura di entrare in Bahrein.  Da ricordare inoltre l’arresto qualche giorno fa dell’ex deputato Khalil Marzooq, figura di spicco del Wefaq, il principale partito di opposizione