È passato un anno dalla prima mostra che Renzo Ferrari (Cadro 1939) dedicò alle opere dipinte il momento più drammatico della pandemia di Covid-19, nella primavera del 2020. Il suo Corona diary (così si intitolava quell’esposizione), sarebbe continuato nei mesi successivi, fino a coprire l’intero 2021.

L’ARTISTA, ANZI, ha ripreso e approfondito i temi presentati in quella prima occasione con una nuova e intensa serie di opere, oggetto ora della mostra Tempo sospeso e facezie presso la Biblioteca Salita dei Frati di Lugano (fino al 20 novembre). In quella prima fase l’immaginario pittorico di Ferrari si era popolato di un mondo visionario e allegorico, aveva introiettato le sollecitazioni del mondo esterno tramutandole in visioni, in fantasmi e spettri del presente e del passato con un segno largo ed espressionista: il virus, nella morfologia che conosciamo grazie alla restituzione al microscopio, è diventato un elemento iconografico ricorrente, una sorta di costellazione che si insinua in ogni spazio lasciando libero nelle sue gremite composizioni, oltre a una serie di citazioni ricorrenti che va dal «plaga doctores» delle pesti seicentesche al Trionfo della Morte di Palermo.

TUTTO QUESTO però non deve far pensare a una pittura erudita e citazionista, avulsa al mondo circostante: Ferrari, anzi, è da sempre attento ai mutamenti della società, con antenne sensibili capaci di commentare con inquietudine e ironia le minacce che incombono sul mondo moderno. Egli fa parte infatti di una generazione che ha assistito alla più frenetica stagione di trasformazione del dopoguerra, che ha visto finire una società rurale sostituita dall’industria e dai suoi veleni che hanno rapidamente intossicato il mondo circostante: ne erano nati, già nei primi anni Sessanta, quadri di natura popolati di presenze ostili e spinose, territori reduci da catastrofi ecologiche che hanno contrassegnato la cronaca fino ad anni recenti, e che non potevano non acquistare un ruolo crescente nel «diary» di Ferrari, o nelle agende moleskine fitte di disegni e tracciati di idee alternati a fittissime pagine manoscritte, da cui poi sarebbero nati dipinti su tela o su carta.

«I TEMI – scrive l’artista stesso in catalogo – cercano una sorta di catarsi dal tempo presente attraverso una riformulazione problematica del tema della natura che difficilmente può essere ancora un motif lirico o idilliaco, ma pone un interrogativo ontologico continuo circa gli squilibri ecologici». Al tempo stesso, però, la catastrofe si alterna alle «facezie», che accentuano il dato ironico di fondo della pittura di Ferrari e il suo tentativo di sdrammatizzare, e così di non cadere in una retorica apocalittica.
In una di queste, per esempio, recupera un ricordo d’infanzia relativo all’estro contadino di un compaesano Otto, che festeggiò una buona vendita al mercato del bestiame affittando un aereo per volare sopra Cadro e lanciare volantini con scritto «Otto vola». Sembra una fiaba, e il tempo circolarmente torna su se stesso.