L’elogio targato Usa da rivendersi a uso interno è un classico che negli anni di Barack Obama alla guida della Casa bianca ha raggiunto picchi di provincialismo grottesco, come con la storia di Mario Monti a Seul, due anni fa: l’allora premier fece sapere di essersi perso il momento in cui il presidente degli Stati uniti, nel suo discorso, si era complimentato con lui e solo con lui, perché disturbato al telefono da Fabrizio Cicchitto che aveva fretta di risolvere beghe locali sulla giustizia (in realtà Obama aveva solo citato l’Italia en passant).

Ma la fortuna aiuta gli audaci, dunque il temerario Matteo Renzi l’elogio se lo conquista così, per una felice coincidenza, perché capitato nel posto giusto al momento giusto, a palazzo Chigi durante la visita in Italia del presidente americano programmata da parecchio tempo per incontrare papa Francesco. È la visita a Bergoglio quella che mister president definisce «meravigliosa». È Giorgio Napolitano, fermo al Quirinale come una «roccia» (definizione di Obama riferita dall’ambasciatore John Phillips) mentre i presidenti del consiglio vanno e vengono, che il leader Usa chiama «buon amico» e «l’Italia è fortunata ad averlo», aggiunge, rinnovandogli ripetutamente la sua stima anche mentre è in conferenza stampa a Villa Madama con il premier gongolante. Ma quel «sono favorevolmente impressionato dall’energia e dalla grande visione che Matteo ha portato al suo incarico» perché «la sua grande ambizione sarà positiva per l’Italia», l’ex sindaco fiorentino, ansioso di far sapere anche al suo ospite quanto sia stato per lui «fonte di ispirazione» e «un modello da emulare», se la riascolterà probabilmente molte volte, nei giorni e negli anni a venire.
L’endorsement sperato e richiesto arriva a metà pomeriggio in una sala gremita dove Renzi e Obama si presentano dopo gli inni, il passaggio in rassegna del picchetto d’onore, le consuete photo opportunity nel parco, sorrisi e pacche sulle spalle, e il colloquio di circa un’ora. Emozionato, il premier in abito scuro e cravatta rossa si lancia nel suo inglese non proprio fluent per passare subito, dopo il caloroso benvenuto, all’italiano. Imperdibili momenti Alberto Sordi (il mare nostrum che sarebbe «our sea», spiega Renzi all’ospite che gli chiede un forte impegno nel Mediterraneo; Bruxelles pronunciato prima all’italiana e poi ’all’americana’, tanto per capirsi) tra le risate in sala, il volto sforzato al massimo in tutta la gamma di espressioni possibili, ma sul piatto, oltre al colore, questioni sensibili come l’Ucraina, la crescita, il lavoro, gli eventuali tagli alla difesa.
Sul fronte delle riforme del governo italiano, Renzi porta a casa la «fiducia» e l’appoggio sul suo pacchetto e un generico riconoscimento per «il sostegno a giovani e disoccupati» («so che il governo lo sta facendo», dice Obama, anche se con il suo Jobs Act Renzi deve convincere un pezzo del suo partito). E l’inquilino della Casa Bianca dà man forte rispetto al rigore professato in Europa, perché, dice, quello tra «crescita e austerity è un dibattito sterile: le finanze pubbliche devono essere in ordine, ma più si cresce e più i conti sono in ordine» e «la crescita europea va ancora al rallentatore». Un elogio va alla Bce guidata da Mario Draghi.

Sulla crisi ucraina il presidente degli Usa incassa la piena «condivisione della dura e forte protesta per le scelte contro il diritto internazionale compiute dalla Russia», perché «l’economia italiana – assicura Renzi – è in grado di affrontare gli impegni in Ucraina e anche una crisi energetica, non siamo la Cenerentola d’Europa» e «i nostri valori non sono i soldi», dice pure in inglese. Per quanto riguarda eventuali tagli alla difesa, a domanda della giornalista Ansa sugli F35, Obama, senza citarli, non si discosta da quanto già detto: «Noi abbiamo ridotto le spese, ci sono spazi per maggiore efficienza e rendimento, evitando duplicazioni anche con la collaborazione tra paesi europei», ma per «stare seriamente nella Nato ci sono impegni irriducibili», gli Usa investono nella difesa il 3% del Pil, dice ancora Obama, il gap con gli alleati è eccessivo, quindi «ognuno deve farsi carico della propria parte di fardello». Il premier italiano si dice d’accordo, «la libertà ha un costo», ma butta lì un «nel rispetto della collaborazione con i nostri partner verificheremo i nostri budget per evitare gli sprechi in alcuni settori». È poi Renzi a riferire che con Obama ha parlato anche dei due marò e che conta «su un ulteriore appoggio» Usa.

C’è anche la sorpresa sull’Expo, con il presidente statunitense che annuncia la presenza di un padiglione Usa e il suo ritorno in Italia per l’occasione, e l’invito a Renzi alla Casa bianca. E così il giovane premier ha trovato l’America: «Yes, we can ora vale anche per l’Italia».