In attesa dei «documenti choc» sull’inchiesta Open che Renzi mostrerà oggi pomeriggio al suo popolo, ieri la Leopolda numero 11 è partita a Firenze all’insegna della rabbia e del cabaret. Fingendosi un po’ Costanzo con il suo consueto «Bboni» rivolto al pubblico, Renzi ha evocato i nomi di Lilli Gruber e Giuseppe Conte e subito sono scattati i fischi. «Diamo un segnale di amicizia a Conte», ha esortato. «Vederlo mi ha fatto male al cuore, poverino, Di maio vuole fargli le scarpe. Era abituato a dare la linea al Tg1 con Casalino e gliel’hanno tolto». «Lancio un appello al direttore generale Fuortes, dategli almeno RaiGulp, faremo una petizione per lui». Poco prima al Tg2 aveva usato un altro registro: «Noi non abbiamo toccato un centesimo di danaro pubblico. Quelli che hanno preso le mazzette sui banchi a rotelle, sulle mascherine, sui ventilatori cinesi malfunzionanti, perché non fanno un bel confronto all’americana?».

UNA GUERRA SENZA QUARTIERE ai suoi nemici veri (centrosinistra e M5S) che passa da Pier Luigi Bersani e arriva fino a Massimo D’Alema e Romano Prodi. «Vogliamo parlare di collaborazioni con istituzioni non pienamente democratiche? Sono pronto a un confronto etico con Romano Prodi su Kazakistan e Cina; con D’Alema e Bersani su Telecom, Monte dei Paschi di Siena, soldi presi dai Riva su Taranto», dice all’Huffington Post. «La doppia morale di una certa sinistra è più noiosa che irritante».

Non ci sono solo i veleni su vicende passate. Ma anche gli avvertimenti ai peones sul voto anticipato. «Meloni, Salvini , Letta e Conte vogliono andare a votare dopo l’elezione del nuovo Capo dello Stato. Gli unici che non si sono accorti del giochino sono i parlamentari del centrosinistra e dei grillini che si stanno consegnando a chi li manderà a casa un anno prima». Sul suo voto di giovedì in Senato sul decreto capienze, ancora una volta col centrodestra e col governo andato sotto, minimizza: «Voto tecnico, non ho mai visto una crisi aperta sulla capienza dei bus turistici, Lo strumentalizza chi vuole tornare alle urne».

L’OBIETTIVO DI RENZI è ritagliarsi un ruolo da protagonista nell’elezione per ilQuirinale (« Sappiamo di essere decisivi») e costruirsi lo spazio politico per un centro liberale sulle orme di Macron e Renew Europe. «C’è uno spazio, una praterieaper una forza di questo tipo. Anche con questa legge elettorale». «Finirà che saremo l’ago della bilancia anche nel prossimo Parlamento».
Per ora si consola ripetendo allo sfinimento che «grazie a noi c’è Draghi, abbiamo mandato via Conte, Arcuri, Casalino e Bonafede». Si consente anche un auto-sondaggio: «Quanti di voi pensavano che durante la crisi di governo io mi fossi rincoglionito?». Poche mani si alzano, nel fortino della Leopolda che crede al «verbo» del suo leader.

IL CAPO DI IV HA BUON GIOCO, in queste ore, a infilare il coltello nelle tante ferite del M5S. Ieri la rabbia è schiumata nella riunione del senatori grillini: «Noi stiamo ai patti, Italia Viva fa furberie. Ora basta». Questo il messaggio recapitato al premier Draghi per il tramite del ministro Federico D’Incà. «I renziani hanno passato il limite, dicano chiaramente se hanno deciso di far cadere Draghi». La stessa accusa che viene mossa dal ministro e capodelegazione M5S Stefano Patuanelli: «È evidente che Renzi voglia provocare la seconda crisi di governo dell’anno». «A questo punto – insiste il ministro triestino – anche noi possiamo essere più rigidi sulla manovra e gestirla secondo i nostri interessi».

IL RISULTATO PIÙ IMMEDIATO è l’acuirsi della tensione col Pd sul relatore della manovra in Senato: i dem avevano indicato il senatore di Leu Vasco Errani per tutto il centrosinistra, M5S non ci sta. «Siamo noi il partito di maggioranza relativa, nessuno di noi aveva garantito quell’incarico per Errani». «Un no incomprensibile» e inaspettato», replica dal Pd Alan Ferrari dopo che Luigi Zanda aveva parlato di «grave errore politico» del Movimento. Il nodo del relatore sarà sciolto solo la settimana prossima.

Al Nazareno scelgono di ignorare le intemerate di Renzi: «La sua parabola è alla fine…», il ragionamento più frequente. L’ex rottamatore si gode per qualche altra ora la ritrovata centralità mediatica: «Salutateci chi dice che andiamo con la Meloni, non hanno capito nulla». E sull’inchiesta Open lancia altri strali: «I pm hanno violato la legge e la Costituzione, non io. Un magistrato ha scelto di fare un processo politico alla politica».