Nessuna mano al suo ex amico Alexis Tsipras, nessun aiuto. Anzi, Matteo Renzi fa tutto il contrario: si assicura un solido posizionamento alla destra (letteralmente) di Angela Merkel, la cancelliera che ha dichiarato chiusa ogni trattativa con la Grecia prima dell’esito del referendum del 5 luglio. Il senso della giornata berlinese di Renzi, iniziata con un intervento alla Humboldt Universität, culminata con l’incontro con la cancelliera e poi conclusa con l’incontro con i giornalisti, non potrebbe dimostrare più esplicitamente l’allineamento di Roma sulla scia di Berlino. Quando prende la parola nel prestigioso ateneo che laureò Marx ed Engels, il presidente italiano ci tiene a fare bella figura di fronte alla maestra che distribuisce «i compiti per casa» a tutto il vecchio continente, descrivendo un’Europa in cui «il ruolo della Germania oggi è assolutamente cruciale» soprattutto «nella costruzione in un’idea di Europa orientata su cambiamento». Poi ce n’è per la Grecia e per il suo premier. Altro che «parliamo la stessa lingua», «l’Italia e la Grecia le due superpotenze culturali del passato laboratorio per il futuro» e altre frasette dolci con cui Renzi aveva lusingato il collega ateniese fresco di strabordante vittoria in patria. Stavolta Renzi prende le distanze con l’aria del bravo scolaro che attacca i somari con superiorità: «Non abbiamo tagliato le baby pensioni in Italia per farle pagare in Grecia», dice, i governo precedenti al suo «non hanno alzato le tasse in Italia per continuare a non farle pagare agli armatori greci». Fino all’atteggiamento di sufficienza: «Sono più preoccupato per il terrorismo che per la Grecia, la vera questione in Europa è la crescita per tutti, non l’Iva delle isole greche», citando una delle (sacrosante) ragioni per cui Tsipras ha interrotto i negoziati con l’eurogruppo.

Renzi fa la felicità della cancelliera, e dei suoi alleati falchi tedeschi, quando ripete un concetto che neanche anche i conservatori europei evitano di esprimere: «Il referendum in Grecia è sul tornare alla dracma o restare in Europa». Non è così. Nel pomeriggio Alexis Tsipras, dalla tv greca, cerca di spiegare che il no al referendum non significherà l’uscita della Grecia dall’eurozona. Ma lo scolaro Renzi la lezione dei conservatori l’ha imparata bene, e infatti a fine giornata incassa una nuova benedizione di Merkel, leader del primo partito della destra conservatrice d’Europa: «La direzione è quella giusta, ti auguro successo».

Renzi fa professioni di non ingerenza nel referendum greco, ma poi spiega che «è un errore», che lui «non l’avrebbe mai indetto», che così si vuole cancellare l’euro. Schierandosi di fatto per il sì, e cioè per l’esito che significherebbe la fine del governo di Tsipras, che ha promesso di farsi da parte in caso di sconfitta. In questo Renzi non è solo. Anche se manca ancora una posizione ufficiale del Pse, molti leader socialdemocratici fanno il tifo per il sì. Quindi per la caduta del premier greco.

Invece nel corso del negoziato l’Italia ha mantenuto «una posizione di grande apertura, sottolineando la necessità di continuare a portare avanti il dialogo nel quadro in cui le priorità siano la crescita e l’occupazione», assicura il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan alla camera, dove nel pomeriggio riferisce della crisi greca e delle ruolo del nostro governo. Una visione en rose : l’Italia è al sicuro, giura Padoan, Grexit non è all’ordine del giorno, ma nel caso «non temiamo ripercussioni di ampia portata sulla nostra economia, l’esposizione delle nostre banche è limitata, e la ripresa economica, il consolidamento dei conti e le riforme in atto sostengono la capacità di assorbimento di possibili shock». Ma è tutta colpa della Grecia: «Nelle trattative si è perso molto tempo prima che le autorità greche facessero proposte concrete e per avviare tavoli tecnici indispensabili». L’Eurogruppo ha sempre avuto come obiettivo l’accordo, è stata la delegazione greca a lasciare il tavolo. Le opposizioni attaccano, Renato Brunetta si schiera con Tsipras («rappresenta la risposta di libertà al dominio tedesco sull’Europa»). «Un mondo irreale, un quadretto da Mulino Bianco dove la Commissione e l’Eurogruppo avrebbero offerto al governo Tsipras un accordo orientato alla crescita e all’occupazione», commenta Stefano Fassina, ex Pd ora al gruppo misto, in realtà le proposte dell’Eurogruppo sono una lista «di obiettivi impossibili in linea con i fallimentari Memoranda del 2010 e 2012. Il tentativo di attuarli determinerebbe pesantissimi effetti recessivi e aumenterebbe ancora di più il debito pubblico». Domenica Fassina sarà a Atene insieme a Nichi Vendola (Sel) e Alfredo D’Attorre (Pd); anche Grillo ci sarà, ma promette di restare in piazza e non a fianco del gruppo dirigente di Syriza.