Manca solo un giorno al voto in giunta sulla decadenza di Berlusconi, con tutte le conseguenze sulla stabilità del governo; ne mancano solo cinque all’assemblea nazionale del 20 e 21 settembre che dovrebbe convocare – al Nazareno piacendo – la pluri-invocata data del congresso Pd. Ma la telenovela democratica riserva agli attoniti spettatori un nuovo colpo di scena. Fra Renzi ed Epifani non c’è accordo sulle regole del congresso. Era nell’aria già la scorsa settimana dopo l’incontro-match fra i due. Ora Lorenzo Guerini, unico renziano doc della commissione sulle regole, lancia l’avviso: «Spero che Epifani convochi presto la commissione congresso. Restano alcuni punti da definire. Spero si arrivi ad un accordo e spero che tutti vogliano fare questi sforzo». Prima delle vacanze l’accordo in realtà era stato trovato. Ora è saltato. Archiviato l’automatismo fra candidato leader e candidato premier, accolta l’apertura dei gazebo, il punto di attrito torna quello dei congressi di circolo e provinciali: Epifani ha proposto di anticiparli rispetto alla corsa per la segreteria nazionali.

I renziani in un primo momento avevano detto sì. Ma ora i tempi si sono ristretti e far partire prima i congressi locali porterebbe per forza di cose a un posticipo delle primarie. Attacca Guerini: «In questi mesi si è perso tempo. Quindi abbiamo proposto una semplificazione: si faccia intanto il congresso nazionale e poi quelli locali». La ragione tecnica è quella di non far slittare la corsa dei leader. Ma quella politica è lampante: Renzi teme che i congressi locali svincolati da quello nazionale finiscano per azzoppare non il suo successo nei gazebo, ma la fase successiva, e cruciale: il controllo del partito dopo la vittoria. Un nodo con cui tutti i leader del Pd hanno fatto i conti, per lo più sbagliandoli. Il sindaco punta alle elezioni politiche nella primavera del 2014. Ma in caso il voto slittasse al 2015, sa bene che se non controllerà la macchina del partito rischierà di esaurire ’la spinta propulsiva’ prima della corsa per Palazzo Chigi.

Eventualità che non dispiace affatto ai suoi avversari interni. E così i bersaniani, oggi schierati con Cuperlo – non interessatissimo alla questione – e ancora animati da antirenzismo d’antan, fanno muro. Nico Stumpo, il tosto ex capo dell’organizzazione spesso al centro degli strali dei fiorentini, minaccia: «Abbiamo già votato in direzione che si sarebbe invertito il percorso. Sul punto c’era stata una mediazione. Ora viene tutto, di nuovo, messo in discussione? Allora noi torniamo a chiedere che votino solo gli iscritti».

È un bel guaio per il dalemiamo Roberto Gualtieri e per il bersaniano Davide Zoggia, incaricati di trovare una proposta unitaria da portare all’assemblea di sabato. Renzi, a mezzo Guerini, chiede un incontro. Potrebbe arrivare domani, mercoledì. Ma gli spazi di mediazione sono stretti. Gualtieri, ieri a Bruxelles – è un eurodeputato – si cuce la bocca. L’idea di posticipare i congressi locali, cui fin qui anche Cuperlo era contrario, a questo punto però suona persino ragionevole: «La tempistica ormai è tale che se vogliamo celebrare i congressi di circolo e quelli provinciali dobbiamo convocarli subito, ma proprio subito», spiega Antonella Rossi, ’saggia’ della commissione e vicina a Goffredo Bettini, l’ispiratore di una mozione trasversale che si riunirà a Roma il prossimo 12 ottobre al Teatro Quirino. Bettini a suo tempo ha indicato in Renzi il miglior candidato premier della coalizione, ma quanto al congresso ha frenato gli entusiasmi, amareggiato dalla transumanza dei dirigenti ’continuisti’ sul sindaco. Come Dario Franceschini e gli altri di Areadem, che ora fiutano il pasticcio e invocano un accordo per evitare che l’assemblea di sabato si trasformi in uno scasso generale. «Si cerchi la più ampia convergenza, ce lo chiede la base del partito», insiste Guerini.

I renziani chiedono anche di cancellare la prima scrematura dei candidati: da statuto corre alla segreteria chi raccoglie almeno il 5 per cento dei voti degli iscritti. Un gesto gradito a Gianni Pittella, uno dei candidati non favoriti, che puntano il dito sul tesseramento impantanato in molte federazioni. Che certo non aiuta i candidati scarsi di apparati.