«È l’occasione di una rivincita del Pd ma anche di un salvataggio del Paese che può essere fatto non solo dal Pd». Torna aria di voto e Matteo Renzi lancia il fronte democratico e si assicura un posto sulla plancia di comando del Pd. Lo fa senza complessi di colpa, tornando alla diretta facebook come ai tempi del vento in poppa. L’odore della sfida all’Ok Corral gli dà la scusa per uscire dalla – sempre più insostenibile – finzione di un ex segretario ritirato nel suo ufficio di «senatore semplice». Attacca alzo zero Lega e 5 stelle: «Hanno promesso obiettivi irraggiungibili e alla prova dei fatti si sono impauriti e si sono tirati indietro». Il professore Savona è stato «il grande alibi per la fuga» di Salvini, dice. È il calcio d’inizio di una competizione che per il Pd sarà tutta salita. Uno scontro tutto sull’Europa, non proprio un argomento da applausi popolari: «Se volete uscire dall’euro abbiate il coraggio di fare una campagna su questo», sfida, «E noi la faremo con le donne e gli uomini a cui verranno sottratti i risparmi». Poi difende Mattarella: «Ha il diritto-dovere di intervenire sui ministri. Lo dico per la mia esperienza personale». E annuncia qualcosa che può assomigliare a una coalizione: «Dobbiamo allargarci, non restare chiusi. Occorrerà l’impegno di tutti».

SOPRATTUTTO QUELLO DEL PD: per individuare un ’capo della coalizione’ adatto a una campagna muscolare come quella che si annuncia. Il fair play dell’uscente Gentiloni potrebbe non essere adatto alla stagione ruvida alle porte. Meglio, forse, il ministro Calenda: ieri Renzi ha risposto a un suo tweet contro i 5 stelle. Non accadeva da tempo.

IN MATTINATA il reggente Maurizio Martina lancia la mobilitazione pro Mattarella: oggi in alcune città, ma soprattutto venerdì primo giugno a Roma e Milano, il giorno prima delle iniziative «tricolori» dei grillini. Mobilitazione «aperte a tutte le forze democratiche che non si rassegnano alle prevaricazioni di Lega e 5Stelle». Il Pd formalmente è compatto, ma da più parti rimbalzano dubbi sull’idea di un confronto fra piazze.

LO STESSO SULL’EVENTUALE fiducia al presidente incaricato, l’uomo dei tagli che non piacevano a Renzi quando Letta lo aveva nominato commissario straordinario alla spending review. «Il Pd darà il proprio sostegno al lavoro di Cottarelli», spiega Ettore Rosato in tv. Ma aggiunge: «Spero non saremo i soli a sostenere una situazione frutto dell’impuntatura» di Salvini e Di Maio.
Ecco il punto del ragionamento: «Votarlo da soli regalerebbe un alibi a Lega e 5 stelle, a quel punto potremmo astenerci», spiega un deputato renziano. Tanto più che, dopo «aver pagato cara la responsabilità da Monti in avanti», ora intestarsi un nuovo programma rigorista viene visto da molti come un suicidio. Ma c’è chi replica: «Sarebbe difficile per noi dire no a Mattarella».

È LO STESSO DUBBIO che attraversa Liberi e uguali, fatte le dovute proporzioni. La lista di Piero Grasso sabato scorso, prima che tutto tornasse e a precipitare verso il voto, aveva faticosamente trovato un’unità intorno al un percorso congressuale con tempi rilassati. Nel pomeriggio di ieri il gruppo parlamentare si riunisce ma la discussione si prolunga. C’è chi spiega: «In altri tempi la fiducia a Cottarelli non sarebbe neanche in discussione, saremmo tutti contrari. Ma di fronte a un blocco sovranista che attacca l’istituzione del presidente della Repubblica, è ovvio che facciamo una riflessione in più».

UN SÌ A COTTARELLI, o comunque un voto conforme a quello del Pd, sarebbe l’indispensabile premessa per ricomporre il fronte con democratico, nel caso ormai molto probabile di voto in autunno. Cosa però che dall’inizio Sinistra italiana vede come fumo negli occhi. Tanto più oggi: lo scontro fra no euro e sì euro rischia di appiattire le differenze. Potere al popolo e Rifondazione da fuori attaccano. «Dobbiamo organizzare la sinistra della coalizione contro le destre, aprirci un nostro spazio», spiegano da Mdp. Non c’è nessuno che non veda che la via è stretto. Ma quella di un ritorno alle urne con una lista autonoma rischia di essere un suicidio. Alla fine tutti d’accordo sulla difesa di Mattarella «al di là di ogni valutazione politica» perché Lega e 5 stelle difendono la Costituzione «a corrente alternata». La discussione sulla fiducia a Cottarelli viene aggiornata a stamattina. Potrebbe finire in un’astensione.

A ANTICIPARE IL SUO NO è Stefano Fassina (Si): «Noi di Leu dobbiamo far vivere una credibile alternativa al mortale bipolarismo fra europeismo liberista contro nazionalismo: la strada è quella del patriottismo costituzionale, il primato della nostra Costituzione sui principi dei Trattati europei».