«Il Pd farà il congresso prima delle europee e come sempre ciascuno metterà in campo i suoi valori». Alla vigilia della pausa estiva il segretario dem Maurizio Martina a Radio 24 cerca di allontanare da sé il sospetto che si è attirato addosso in questi mesi: quello di rallentare i lavori per le prossime primarie. E di aver in testa una road map al rallentatore al solo scopo di resistere e non dover cedere lo scettro da segretario. Ma, a differenza delle assicurazioni che aveva dato ai capicorrente quando è stato eletto, stavolta non esclude una sua candidatura alle primarie: «Io candidato? Lo vedremo, non è il tema adesso».

Al netto delle liturgie formali, ieri la corsa congressuale del Pd si è di fatto aperta. Il segretario deve stoppare un’idea che circola fra i renziani: quella di rimandare il congresso a dopo le europee. In quel caso, e solo in quel caso, potrebbe succedere quello che in molti nel Pd temono, e alcuni invece si augurano: il ritorno in campo di Matteo Renzi. Lui, per ora lo esclude. «Fino al 2024 non sono spendibile», liquida la questione con gli amici. Eppure. Eppure non sono pochi i renziani di rango che non lo escludono affatto. «Spero che si candidi», dice il siciliano Davide Faraone. «È un’ipotesi da non escludere», anche per il romano Luciano Nobili, «soprattutto se il congresso slitterà a dopo le europee». «Se si candidasse Matteo? Lo voterei subito», dice candidamente Maria Elena Boschi al Festival dell’Unità di Roma.

Il fatto è che fin qui un candidato credibile da spendere contro Nicola Zingaretti, unico in corsa (sebbene una corsa ipotetica, in attesa della convocazione delle primarie) non è saltato fuori. «Matteo resta il protagonista del Pd» spiega un renziano di rango. «Alla Leopolda di ottobre lancerà la sua idea di andare oltre il Pd: non un altro partito, ma un partito più largo e aperto a chi, in Europa, ha chiara l’urgenza di contrapporsi alla crisi della democrazia liberale».
Non si candiderà, per ora. Ma se alla fine il congresso slittasse, spiega, «lui è convinto che in questa fase non esiste un leader alternativo».
Ecco però la condizione: lo slittamento del congresso oltre le europee. Ovvero un’ulteriore, assai probabile, sconfitta del Pd e insieme di tutta la famiglia del socialismo europeo. Ma chi potrebbe assumersi la responsabilità di chiedere il rinvio del congresso, con il rischio di innescare una rivolta nella base?

Il rinvio è uno dei timori di Zingaretti, che infatti con i suoi non esclude che Renzi si stia preparando ad un ritorno sulla plancia di comando del Pd. Per questo Martina ieri ha assicurato che il congresso si farà con il timing deciso dall’assemblea nazionale di luglio. L’unico a non crederci è il presidente Matteo Orfini: l’idea della ricandidatura di Renzi «non mi pare realistica, pensiamo a fare opposizione. Al congresso penseremo quando ci sarà». Per chiudere la questione. Per ora.