«Mi candiderò ad Arezzo. Mi candiderò al senato». Lo ha detto Matteo Renzi domenica sera e una delle due cose è sicuramente non vera. Non esiste per il senato un collegio elettorale di Arezzo; la legge attuale per la camera alta (il Consultellum, cioè il vecchio Porcellum al quale la Corte costituzionale ha tolto il premio di maggioranza) prevede una circoscrizione per ogni regione. Dunque Renzi si potrà al massimo candidare in Toscana, il che è piuttosto scontato. Ma davvero al senato?

C’è un argomento in favore di questa scelta, da parte del segretario Pd, ammesso che sia una scelta definitiva. Al senato la Corte costituzionale ha introdotto le preferenze – una preferenza – anche se né il governo Renzi né quello Gentiloni negli oltre tre anni che sono passati si sono preoccupati di preparare l’indispensabile regolamento (mancano ancora le regole per scrutinare le preferenze). Dunque se Renzi vorrà scansare l’accusa di essersi «paracadutato» in un collegio sicuro come capolista (e non rischiare, collocandosi in seconda posizione nella lista) dovrà stare lontano dalla camera. Il senato è il posto giusto per esibire i muscoli sotto forma di preferenze.
Che la ragione sia questa lo conferma quello che il segretario del Pd ha aggiunto parlando ad Arezzo. La sua è stata evidentemente una risposta alla contestazione degli ex correntisti di Banca Etruria «vittime del Salvabanche»: lo seguono ovunque e si sono presentati a maggior ragione ad Arezzo, sede storica della banca popolare fallita. «Ad Arezzo sanno come stanno le cose ed è per questo che è la provincia nella quale prendo più voti quando faccio le primarie», ha detto il segretario. Anche questa un’affermazione non esatta, perché se alle ultime primarie (30 aprile 2017) Renzi ad Arezzo ha sfiorato un eccezionale 82% dei consensi, ha fatto meglio in altre tre province toscane: Pistoia e Prato (83,4%) ed Empoli (84,4%). Arezzo, inoltre, è stata sì una delle poche province in Italia dove al referendum del 4 dicembre ha vinto il Sì alla riforma costituzionale, ma con una percentuale più bassa della media toscana (50,7% contro 52,5%) e assai più bassa di quella di Firenze (57,7% di Sì).

Ma Arezzo è evidentemente una scelta simbolica, quella di sfidare la più pesante e durevole contestazione che il segretario Pd ha dovuto affrontare nell’ultimo anno. Si può allora immaginare che Renzi possa scegliere di candidarsi alla camera invece che al senato. Purtroppo però con l’approvazione dell’Italicum Arezzo è uno dei 22 capoluoghi d’Italia il cui collegio è stato smembrato, spostando tutti i comuni del Valdarno nel collegio che comprende la provincia di Firenze fino al comune di… Rignano. In definitiva Renzi potrebbe anche candidarsi a casa sua, capolista, sostenendo di essersi candidato un po’ anche ad Arezzo. E alla camera invece che al senato, malgrado quello che ha detto l’altra sera suoni definitivo: «Hanno voluto tenere il senato e io mi candido al senato».

Una sorta di ripicca, dunque. Alla quale sarebbe facile rispondere ricordando che, durante la campagna referendaria, il segretario Pd ha più volte definito il senato «un inutile doppione della camera». Che se tale era tale è restato, correre per conquistare un seggio – «poltrona» – proprio lì non sembra il massimo. E nella prossima legislatura il senato potrebbe anche non essere quel luogo interessante che è stato nelle ultime, con una maggioranza sempre in bilico e a caccia del voto decisivo. Per via delle alte soglie di sbarramento, infatti, alla camera alta rischiano di entrare solo tre forze o coalizioni, con una delle quali (Berlusconi, evidentemente) il Pd dovrà per forza allearsi per reggere un governo. A quel punto al senato ci sarebbe una «noiosa» maggioranza stabile.
Ma c’è un ultimo argomento per il quale la candidatura di Renzi al senato appare difficile. Proprio la preferenza (o le preferenze, se verrà modificata la legge, ma in qual caso la seconda dovrebbe essere «di genere») scateneranno nel Pd toscano una guerra fratricida per i primi sei o sette posti. Prima che a portare voti al segretario, i candidati dovranno pensare al loro destino. E la corsa di Renzi rischierebbe di essere un po’ meno trionfale. Meglio evitare.