Tutti pazzi per Macri. Non certo in Argentina, dove i primi sondaggi danno in picchiata il gradimento del presidente-imprenditore. Ma in Europa, sì. Oggi va da lui Matteo Renzi e fra una decina di giorni François Hollande. Il premier Renzi, che conosce Macri da quando era sindaco di Buenos Aires e lui di Firenze, è stato fra i primi a congratularsi dopo l’elezione dell’imprenditore argentino di origini italiane. E ora conta di recuperare i 13 anni durante i quali l’Argentina del kirchnerismo ha prevalentemente puntato ai rapporti sud-sud.

Al contrario, Macri conta di scompaginare gli equilibri delle alleanze regionali costruite dai paesi progressisti dell’America latina e promette una nuova epoca di grandi affari con l’Europa. Dopo aver rimosso il ritratto del defunto presidente Nestor Kirchner, l’imprenditore ha dato un altro forte segnale simbolico: riportando la statua di Cristoforo Colombosulla piazza di fronte alla Casa Rosada. Nel 2013, Cristina Kirchner l’aveva fatta rimuovere per sostituirla con quella di Juana Azurduy, guerrigliera indigena che lottò per l’indipendenza, una scultura finanziata con 770.000 euro dal presidente boliviano Evo Morales.

Nell’agenda degli incontri bilaterali, Renzi e Macri parleranno della «lotta al terrorismo», del cambiamento climatico, della cooperazione «in agricoltura e infrastruttura» e di un eventuale accordo tra l’Unione europea e il Mercosur. La Eu ha proposto ai membri del blocco regionale – Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay e Venezuela – la firma di un accordo di libero commercio nello stesso spirito del Ttip. Solo il Venezuela e la Bolivia, membro associato, hanno risposto negativamente. E il pressing principale viene fatto sul Brasile di Dilma Rousseff, la cui economia ha forti rapporti commerciali con quella argentina.

Macri, che di recente è tornato anche al vertice di Davos, dove i Kirchner non erano più andati, promette di seguire la via del suo omologo messicano Enrique Pena Nieto, e di aprire le porte alle privatizzazioni e alle grandi multinazionali, per cui ha già predisposto uno dei suoi tanti decreti. Un altro terreno promettente, anche per l’Italia degli speculatori, è la ripresa dei negoziati fra Macri e i fondi avvoltoio: quei fondi speculativi che non hanno aderito alle ristrutturazioni proposte dal governo argentino tra il 2005 e il 2010 per rimettere in piedi il paese dopo il default del 2001.

Cristina Kirchner ne aveva fatto una questione di indipendenza nazionale e aveva ricevuto il plauso di tutti i paesi del sud e dei Brics, che propongono un’alternativa al Fondo monetario internazionale. Aveva anche ricevuto un importante appoggio dall’Onu, la cui decisione aveva prospettato un indirizzo legislativo favorevole al respingimento degli avvoltoi.

Tenendo fede alle promesse elettorali, il neoliberista Macri – che sta procedendo come uno schiacciasassi su tutte le conquiste sociali e sui diritti – ha invece riaperto i negoziati a condizioni vantaggiose per i fondi speculativi, che chiedono risarcimenti stratosferici e con gli interessi. In questo ambito si vorrebbe chiudere anche il caso tango bond e rimborsare i 50.000 italiani che non hanno accettato la ristrutturazione del debito: sempreché vi sia l’approvazione del parlamento argentino.