L’Italia invia 450 uomini in un’area tra le più calde dell’Iraq: la diga di Mosul, città contesa dall’Is. Lo ha annunciato il premier Matteo Renzi ieri sera a Porta a Porta: «L’Italia sarà non sarà solo in Afghanistan, Libia, Kosovo, Iraq ma anche con una operazione importante nella diga di Mosul, nel cuore di un’area pericolosa, che rischia il crollo con la distruzione di Baghdad. Una azienda di Cesena ha vinto questa gara e noi metteremo 450 uomini e metteremo la diga a posto». Proprio lunedì Obama aveva solecitato anche l’Italia ad «un impegno nella lotta comune contro l’Is». Dall’area si sono appena ritirate centinaia di truppe turche, dopo le proteste dell’Iraq all’Onu.

Il compito della missione, secondo la versione del governo italiano, sarà di evitare che la diga di Mosul possa entrare nel mirino di terroristi e far sì che i lavori di risistemazione di questa infrastruttura vitale per l’Iraq – a cura della ditta italiana che ha vinto l’appalto – possano partire. I 450 militari si aggiungeranno così ai 750 che partecipano all’operazione «Prima Parthica», sempre nell’ambito della coalizione contro lo Stato Islamico. La diga, viene spiegato, è pericolante e rischia di crollare. Ci sarebbe dunque bisogno di vigilanza armata per proteggerla da attacchi terroristici e l’Italia si è presa questo incarico, con militari di altri Paesi. Solo così partiranno i lavori di questa grande infrastruttura, importantissima per il Paese. I tempi tecnici per l’invio dei militari richiederanno qualche settimana. È un salto di qualità nella missione italiana, perché Mosul è una delle roccaforti dell’Is. Ora il grosso del contingente nazionale è impiegato tra Erbil (Kurdistan iracheno) e Baghdad, con funzioni di addestramento.

La diga di Mosul è strategicamente fondamentale per gli approvvigionamenti energetici del paese. Già nel 2011 il gruppo Trevi – ditta proprio fondata a Cesena – era entrata in trattative per aggiudicarsi l’appalto della manutenzione della diga di Mosul, insieme alla tedesca Bauer.