Domenica scorsa, nel corso del suo intervento alla Leopolda, Matteo Renzi ha parlato per alcuni minuti del mondo. Il cambiamento contemporaneo è avvenuto – sintetizzando le parole del premier – perché gli smartphone hanno cambiato tutto, consentendo, contrariamente a prima, «di vedere tutto quanto accade, ovunque».

Vero, ma «vedere» quanto succede non basta per sapere perché o come avviene. Non significa saper interpretare, criticare, dare un contesto, analizzarne la complessità. In un successivo passaggio, un altro minuto, Renzi ha parlato di Ucraina. Poroshenko, ha detto, «è un uomo coraggioso e saggio».

Gli smartphone consentono di vedere Poroshenko al Parlamento, a Minsk, quando si presenta come uomo di pace. Ma gli smartphone non bastano per delineare quanto l’attuale presidente ucraino fa da mesi.

Ovvero: bombarda la propria popolazione orientale con le cluster bombs (denuncia di Human Rights Watch), ha rivalutato la milizia ucraina collaborazionista con i nazisti, ha oscurato alcune indagini per le stragi di Odessa e i colpi di mortaio che hanno ucciso anche l’italiano Andrea Rocchelli. È un oligarca e ancora ad urne aperte ha già «aperto» ai neonazisti di Svoboda.

Il mondo non è, ancora, una «app». Per fortuna.