Scurdammoce ’o passato. Matteo Renzi alla fine ieri è arrivato a Salerno per una giornata di photo-opportunity con il candidato del Pd Vincenzo De Luca, quello che dovrà diventare «il sindaco della Campania». Se vincerà, l’uomo gli darà grattacapi da subito: in forza della legge Severino potrebbe non sedere sulla poltrona di Santa Lucia. Del resto il segretario-presidente non lo ha voluto nel suo governo e lo ha tenuto a distanza finché ha potuto, nonostante il sindaco di Salerno facesse minacciose professioni di fede renziana. «La mia una vittoria contro Renzi?», aveva detto il giorno dopo il successo ai gazebo, «ma se sono il principale elettore in Campania e l’azionista di riferimento di Renzi». Vero: alle primarie del 2013 De Luca ha spostato su Renzi il 71 per cento dei consensi della sua città, facendone la terza più renziana dopo Taranto e Sassari. E a Enrico Letta che dice «se Berlusconi lo avesse candidato, il Pd sarebbe in piazza», il premier ha agio di rispondere: «Sono gli stessi dirigenti che vennero in processione qui per chiedere che De Luca sostenesse Bersani», o «nelle cui mani De Luca ha giurato come viceministro».

Comunque sia, la rottamazione non si ferma a Salerno. Ora Renzi deve fare di tutto perché il 31 maggio vinca e gli consegni una delle regioni in bilico. Così ieri il premier ha esagerato: «Se la Campania sarà amministrata nei prossimi anni come è stata amministrata Salerno il Pil del nostro Paese crescerà dallo 0,5 per cento all’1», ha detto, «in questa campagna elettorale non pensiamo alle dinamiche del Pd. In questi dieci giorni, pancia a terra e testa alta, andate a far capire alle persone che questa campagna elettorale non è quella di De Luca o del Pd ma quella in cui si decide il futuro». Vero: ma nel futuro della Campania c’è il rischio di non avere un presidente, benché votato. E comunque non è facile per l’attivista dem procedere «a testa alta». I nomi degli «impresentabili» nelle liste collegate a De Luca, fra fascisti dichiarati e amici dell’ex sottosegretario Cosentino, e bocciati dallo stesso Renzi, sono ormai la barzelletta nazionale. La commissione antimafia ne avrebbe già ’attenzionati’ almeno due. Ma è un’approssimazione per difetto: secondo la giornalista anticamorra e senatrice Pd Rosaria Capacchione nelle liste c’è «un potpourri di impresentabili, di trasformisti, di opportunisti, di oppositori strenui e feroci dei migliori uomini che il Pd aveva messo in campo, appena un anno fa, nei territori devastati dalla camorra e dagli scempi ambientali». E ha voglia Renzi di sostenere che «nel Pd non ci sono impresentabili. Punto», come ha detto ieri Renzi al Mattino. «Con gli impresentabili non ci si collega, è l’abc dell’etica della politica», ha sentenziato l’ex sindaca di Napoli Rosa Russo Iervolino. In caso di vittoria gli «impresentabili» potrebbero diventare consiglieri determinanti per la maggioranza a guida Pd.

Pasticci democratici, ci penserà a urne chiuse. Intanto c’è da riempirle, le urne. Ieri Renzi ha fatto la sua parte a fianco del suo candidato per oscurare il più possibile la contemporanea e tristanzuola visita di Silvio Berlusconi in sostegno del candidato del centrodestra Caldoro: prima tappa il sito di compostaggio di Sardone («L’espressione Terra dei Fuochi alla fine di questa legislatura dovrà appartenere al passato. L’esperienza di Salerno dimostra che si può gestire il ciclo dei rifiuti facendo entrare le idee e lasciando fuori la camorra»). Poi aperitivo in terrazza al porto turistico della Marina di Arechi, poi la Cittadella giudiziaria, e infine l’incontro con la stampa accompagnato all’ingresso dai fischi dei precari della scuola e dei centri sociali. Qui ha visto una delegazione di lavoratori della Whirlpool-ex Indesit di Carinaro, 800 ’esuberi’ dichiarati alla fine di un’operazione di acquisizione che Renzi aveva definito «fantastica». A Caserta i loro compagni urlavano «chi non sta con i lavoratori sta con i camorristi. Renzi scelga da che parte stare».

Lui sta con De Luca: «Alla fine di questa campagna elettorale non bisogna contare il numero delle regioni vinte ma quanti posti di lavoro riusciremo a mettere in piedi. Bisogna avere il coraggio di dire che se l’Italia non riparte è perché nel Sud abbiamo un elenco di problemi irrisolti». Alcuni dei quali sono appunto le «operazioni fantastiche» modello Whirpool, benedette dal suo governo.