Era la prima legge per la gestione – pubblica e partecipata – nata direttamente dai consigli comunali, su spinta dei movimenti. Riguarda il Lazio, dove opera Acea, il primo gestore di acquedotti del paese, con milioni di cittadini serviti. Per Matteo Renzi, però, è da rifare.

Il consiglio dei ministri ha impugnato ieri la legge regionale approvata due mesi fa, «in quanto numerose disposizioni – si legge nel comunicato stampa del governo – riguardanti l’organizzazione e la gestione del servizio idrico integrato, contrastano con le regole riservate alla legislazione statale in materia di tutela della concorrenza, dell’ambiente, e dell’ordinamento civile, in violazione dell’articolo 117, secondo comma, lettere e ), l), e s), della Costituzione».

Tutela della concorrenza è l’espressione che ha consentito ai governi Monti e Berlusconi di aggirare il referendum del 2011, mantenendo, nei fatti, un sistema di gestione privata dell’acqua. Lo stesso passaggio della competenza per le tariffe all’agenzia per l’energia ha avuto come esito la riproposizione della remunerazione del capitale investito – abrogata dal voto popolare – sotto altra forma. La legge della regione Lazio introduceva il principio della gestione senza profitto, con la possibiltà di restituzione ai comuni della sovranità effettiva sul sistema idrico integrato. Da subito i gestori, con Acea in prima linea, hanno fatto sapere non aver gradito la nuova legge, evidenziando proprio una presunta violazione della concorrenza. La stessa osservazione arrivata dal consiglio dei ministri di ieri. Ora si profila uno scontro tra la giunta Zingaretti e il governo Renzi, sul tema delicato delle privatizzazioni. A patto che il governatore voglia ancora difendere la nuova legge, votata dalla sua maggioranza.