“Renzi, basta parole: adesso apri i cantieri”
Edili Cgil, Cisl e Uil oggi in piazza a Roma. Schiavella (Fillea): «I miliardi ci sono, ma restano quasi tutti sulla carta». Troppi gli operai sulle impalcature oltre i 60 anni. «No alle penalizzazioni in caso di uscita anticipata»
Edili Cgil, Cisl e Uil oggi in piazza a Roma. Schiavella (Fillea): «I miliardi ci sono, ma restano quasi tutti sulla carta». Troppi gli operai sulle impalcature oltre i 60 anni. «No alle penalizzazioni in caso di uscita anticipata»
Neanche il sole cocente di metà luglio bloccherà gli edili nella loro lotta: hanno tutta l’intenzione di mandare un messaggio forte al governo Renzi, e per questo si sono dati appuntamento oggi a Roma. Fillea, Filca e Feneal – accompagnati dai segretari generali di Cgil, Cisl e Uil – dal palco di Piazza Santi Apostoli chiederanno pensioni giuste, maggiori investimenti, attenzione alla sicurezza e alla legalità degli appalti, stop al lavoro nero e precario. Sapendo che la crisi non si è arrestata: gli ultimi dati della Cassa Edile parlano di un primo trimestre 2015 ancora negativo per l’occupazione (-4% sull’ultimo del 2014), anche se non sono più i crolli a doppia cifra del picco della recessione, mentre il mercato immobiliare vede un timida ripresa.
A guidarci tra le richieste degli edili (1 milione di lavoratori) al governo è Walter Schiavella, segretario della Fillea Cgil.
Il governo ha spiegato che sono disponibili 20 miliardi per il vostro settore nei prossimi 3 anni: si va dall’edilizia scolastica al dissesto idrogeologico, fino alle grandi opere. Ne chiedete di più?
Sono le cifre citate in una recente intervista del ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio: noi non le contestiamo, solo che temiamo siano numeri solo cartacei, che non si trasformano automaticamente e tutti in cantieri. Mi spiego. Se stiamo solo all’edilizia scolastica e al dissesto idrogeologico, vediamo che ben il 90% di quanto stanziato è cantierabile a partire dal 2016 in poi: questo vuol dire che nel prossimo anno e mezzo noi vedremo operativo solo il 10% degli investimenti.
E invece avreste bisogno di cantieri subito.
Assolutamente sì, è una necessità. Aggiungo un altro dato, che viene fuori dall’ultimo rapporto congiunturale dell’Ance, l’associazione delle imprese edili. Dicono che per riavviare una ripresa seria, non solo economica, ma anche occupazionale, del nostro settore, sarebbe necessario sbloccare almeno un 20% di quei 20 miliardi di cui parla il governo, ovvero 4 miliardi. Se le imprese parlano di questa esigenza, è perché concordiamo sul fatto che finora non abbiamo cantierato quanto necessario. Lo ripeto: i miliardi per lo più sono solo cartacei.
Non è migliorata la situazione rispetto al picco della crisi? Siete ancora fermi per quanto riguarda le assunzioni?
Nel nostro settore va sempre tenuta in conto la presenza del nero e del sommerso, che purtroppo si è accresciuta negli anni della recessione. Abbiamo calcolato che dal 2008 si sono persi tra gli 800 mila e i 900 mila posti di lavoro, se consideriamo gli oltre 2 milioni di lavoratori complessivi del comparto edile, includendo cioè tutta la filiera. La perdita di produzione come quella dell’occupazione è di circa il 40%, e ugualmente alta è la perdita del monte salariale. Hanno inciso la cassa integrazione e la saltuarietà degli impieghi nei momenti in cui i cantieri erano fermi.
Quindi chiedete di far ripartire gli investimenti. Ma perché avete messo in piattaforma anche il tema delle pensioni. Non è già una preoccupazione delle confederazioni? O c’è uno specifico degli edili?
Certamente è un bene che Cgil, Cisl e Uil, nell’incontro unitario di lunedì scorso abbiano raggiunto delle posizioni comuni per una rivendicazione, e noi li appoggiamo. Senza voler fare battaglie corporative, segnalo però un problema che è degli edili ma non solo: ci sono mestieri particolarmente pesanti e gravosi, e credo che per quelli dovremmo chiedere che qualsiasi riforma per l’uscita flessibile non preveda alcuna penalizzazione. È un tema di civiltà.
Vi riferite agli edili più anziani sulle impalcature?
Abbiamo dati drammatici nell’infortunistica: negli ultimi due anni il 30-40% dei morti nei cantieri era intorno ai 60 anni. E parliamo di medie, quindi si capisce che in alcuni casi si può arrivare almeno a 65. Il problema è che da un lato ci sono lavoratori espulsi intorno ai 50 anni, che per effetto della legge Fornero, hanno davanti un lungo periodo senza sostegni, dall’altro chi ha un lavoro deve restarci fino a 70 anni. E i giovani faticano a entrare.
Che soluzioni proponete?
Le soluzioni generali da proporre alla politica le stiamo elaborando con le confederazioni, noi edili possiamo contribuire con quello che abbiamo ottenuto nei contratti. Ad esempio abbiamo istituito un fondo pari allo 0,10% del monte salari, a carico esclusivo delle imprese, che integrerà i contributi Inps per l’uscita anticipata dal lavoro. Si può prevedere nuovo welfare contrattuale, e valorizzare gli enti bilaterali. Senza rinunciare ovviamente all’importanza del contratto nazionale, che assicura la tenuta dei salari.
Avete contratti in scadenza?
Un anno fa abbiamo firmato quello degli edili, ed è già pronta la piattaforma del cemento. Per i lapidei, manufatti e laterizi e legno arredo concluderemo le consultazioni a settembre.
Oltre a investimenti e pensioni cosa chiederete in piazza?
Di non abbassare la guardia sulla legalità anche se si accelerano gli investimenti. Chiediamo più efficacia sulle sanzioni per chi viola le regole della sicurezza. Vorremmo che gli incentivi fiscali per ristrutturazioni e risparmio energetico fossero legati a una verifica della regolarità contrattuale; negli appalti pubblici si deve applicare il Durc per congruità. Infine siamo contrari all’applicazione del voucher in edilizia.
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