Renzi: «Basta litigare». E sale pure sulla ruspa
Pd A Torino l'apertura della campagna elettorale. Il premier-segretario polemico con la minoranza. E sulle riforme: se sulla fine del bicameralismo qualcuno ha cambiato idea è un problema suo
Pd A Torino l'apertura della campagna elettorale. Il premier-segretario polemico con la minoranza. E sulle riforme: se sulla fine del bicameralismo qualcuno ha cambiato idea è un problema suo
Ci sono gli oltre 300 candidati a sindaco e le cinque capolista alle europee. Sul palco del Palaolimpico di Torino, l’ex sindaco della città Sergio Chiamparino, anche lui candidato, questa volta alla guida del Piemonte, sulle note dell’inno nazionale accoglie il segretario e presidente del consiglio che da qui apre la campagna elettorale del Pd per le amministrative e, appunto, le europee del 25 maggio. E’ un bagno di renzismo. Perché la minoranza del partito è riunita a Roma (ma in platea c’è anche Cesare Damiano) è perché «il Chiampa» omaggia l’ospite così: «Tu hai avuto il coraggio di rompere gli schemi consolidati di una sinistra che rischiava di trasformare ideali nobili in paradigmi conservativi. Grazie, hai avuto quel coraggio che io, come altri, non ho avuto».
La palla per Matteo Renzi è alzata, la polemica con il pezzo di partito a convegno nella capitale diventa esplicita nelle parole del premier, che sfodera un suo classico: «La sinistra che non cambia non è sinistra, diventa destra – sentenzia – e perde la dignità di essere sul fronte del progressismo», insiste, rispondendo così a distanza alle critiche sul pacchetto lavoro: «È di sinistra o di destra dire che dare tutele a chi non le ha mai avute, come la maternità, è una priorità? O dire che gli under 35 a tempo indeterminato sono una percentuale ridicola? Il sistema di garanzie lo deve realizzare lo Stato facendo assumere persone, non continuando a mettere barriere all’entrata, discutiamo tra noi senza paura del futuro. Se le regole raddoppiano la disoccupazione non funzionano, è inutile essere il partito del lavoro se non diamo occupazione». Poi una promessa elettorale: nel 2015 «un intervento sulle pensioni sotto i mille euro».
Avanti tutta anche sulle riforme: «Il Pd non perda tempo a litigare al proprio interno». Perché, prosegue il segretario, «nei prossimi 45 giorni dobbiamo essere al lavoro sulle cose che già abbiamo deciso», dato che il superamento del bicameralismo «è sempre stata la posizione del Pd e se ora qualcuno ha cambiato idea è un problema suo». Insomma, per il leader che ha già risolutamente invitato la minoranza a adeguarsi, la discussione si può anche chiudere qui. Nonostante l’invito rivolto agli amministratori in platea: «Circondatevi di persone che vi sappiano dire di no, non montatevi la testa, non montiamoci la testa». L’ex sindaco rottamatore ama le macchine pesanti. E così dopo il rullo compressore tira fuori la «ruspa». Con quella dice di voler entrare, a maggio, «nella pubblica amministrazione»: lì «c’è una stragrande maggioranza di lavoratori per bene ma è ora di dire che chi non lavora non ha l’alibi che la politica è spendacciona». Con Forza Italia (alleata sulle riforme ma chissà fino a quando) al tracollo, Renzi si concentra infine su Grillo: «Lasciamolo nel suo brodo. La bellezza della politica la riporteremo a casa noi». Ma per carità, senza montarsi al testa.
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