Renzi alza il fumus sul senato
Governo Terza capriola sul caso Azzollini, adesso il premier rivendica: con la libertà non si scherza, il gruppo ha votato dopo aver letto le carte. Il Pd non si scusa più. Ma prosegue la caccia al dissidente: chi vuole discutere lo faccia nel partito, non i aula. Dove la maggioranza è sparita
Governo Terza capriola sul caso Azzollini, adesso il premier rivendica: con la libertà non si scherza, il gruppo ha votato dopo aver letto le carte. Il Pd non si scusa più. Ma prosegue la caccia al dissidente: chi vuole discutere lo faccia nel partito, non i aula. Dove la maggioranza è sparita
Il parlamento non è un passacarte della procura di Trani. Discorso ineccepibile quello del presidente del Consiglio, malgrado tradisca un po’ di animosità verso i magistrati – pubblici ministeri e giudici – che avevano chiesto gli arresti domiciliari del senatore Azzollini ma si sono visti rispondere di no dal senato. Eppure discorso che contraddice in pieno le «scuse» che la vice segretaria del Pd, la sua vice, ha chiesto agli elettori per il voto con cui il partito mercoledì ha salvato l’alleato eccellente.
È un Renzi che prova a rivendicare il mezzo passo falso in senato, anticipo di una due giorni terribile proseguita con la battuta d’arresto sulla riforma Rai. Sul caso del senatore Azzollini il Pd ha tenuto tutte le posizioni possibili, tanto che chi gli vuole bene ha spiegato che si trattava di una strategia per non scontentare nessuna fascia dell’elettorato. Azzollini è il senatore del Nuovo centrodestra che da 14 anni (con due di intervallo) e con l’appoggio del Pd guida la commissione bilancio (tre settimane fa si è dovuto dimettere). Alla notizia della richiesta di arresto (è accusato di associazione per la bancarotta fraudolenta di una casa di cura con sede a Bisceglie) il presidente del partito Orfini aveva detto sicuro: «Il Pd voterà per autorizzare i magistrati, è inevitabile». Poi invece il capogruppo Zanda aveva lasciato libertà di coscienza, che nel voto segreto si è tradotta in una grande maggioranza – circa un terzo del gruppo – in favore di Azzollini. E contro la richiesta della procura. Non più di una decina di senatori hanno rivendicato la scelta, spiegando che nelle carte di Trani non c’era abbastanza per giustificare la custodia cautelare. Zanda se l’è presa con il voto segreto, che però è il corollario naturale della libertà di coscienza. La vice segretaria Serracchiani ha chiesto scusa. Passati due giorni di riflessioni e retroscena, Renzi prova a dare una spiegazione razionale. «Non siamo dei passacarte della procura di Trani», carte che però lui non ha letto, ammette. «Mi fido dei miei senatori e rispettare la magistratura significa rispettare le competenze dei giudici e degli altri». Poi aggiunge: «Non si sta parlando del bar dello sport e nemmeno della simpatia di un senatore o deputato, ma della privazione di libertà: di conseguenza c’è la Costituzione e ci sono delle leggi. Il Pd è quel partito che quando si è trattato di mandare ai domiciliari o addirittura in galera un proprio deputato lo ha fatto perché si riteneva che non ci fosse il fumus persecutionis, lo abbiamo fatto con i nostri figuriamoci se ci sono problemi a farlo con altri». Si tratta com’è noto del deputato siciliano Francantonio Genovese. Azzollini prontamente ringrazia: «Dichiarazione esemplare». Mentre il presidente della giunta per le immunità Dario Stefano (Sel) non ci sta: «È imbarazzante che il presidente Renzi esprima un punto di vista così affrettato e superficiale sul lavoro svolto dalla giunta del Senato e dagli stessi componenti del Pd che ne hanno votato compatti una indicazione dopo aver esaminato le carte in maniera scrupolosa e non come mero esercizio di stile», dice (e il Pd in effetti in giunta votò per l’arresto).
Azzollini in senato e non ai domiciliari – il procedimento va avanti, lui a settembre potrebbe persino ricandidarsi a guidare la commissione bilancio – è un bell’aiuto per il premier nei rapporti con l’alleato Ncd e anche perché anche un solo voto a palazzo Madama può servire. Renzi deve infatti affrontare un altro problema, il voto che ha mandato sotto il governo sulla riforma della Rai. «Vedremo se e come correggere la delega alla camera», spiega il presidente del Consiglio. Poi si dedica alla fronda interna. « Una parte del Pd ha voluto approfittare di molte assenze per dare un messaggio. Io credo che il nostro obiettivo non sia quello di passare il tempo a dare messaggi ma sia quello di cambiare il paese», dichiara. E torna sul concetto che i panni sporchi si lavano in famiglia: «Chi ha voglia di discutere all’interno del partito lo faccia, ma se si fanno mancare i voti in aula è poco rispettoso dell’idea stessa di comunità».
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