Erano messi male, i catalani blaugrana, sponsorizzati Qatar Airways (in curioso contrappasso dantesco, proprio contro la squadra europea più qatariota, il Psg).

Dovevano rimontare un 4-0 esterno, avvenimento mai accaduto negli annali delle coppe europee. Le dichiarazioni della vigilia parevano il tipico stanco copione retorico, «ce la faremo, daremo tutto, siamo i più grandi, mai dire mai». E il match è stato ancora più forsennato e inesorabile, una delizia prolungata, un susseguirsi di capovolgimenti di fronte, con almeno venti occasioni da gol «create», poteva finire 14 a 4 per il Barça.

I due gol iniziali, quello “a rimbalzella” dopo 150 secondi e l’autorete di Kurzawa, hanno detto subito che la fantasia smisurata di Iniesta (il suo colpo di tacco è genialità autentica) e compagni era in serata di gala, coi 97 mila del Camp Nou – tra urla, salti e gesti – a spingere corpi e pallone, canterani e fuoriclasse, in quella rete di corda. Stavolta non è stato Messi a fare Achille, combattendo e superando tutti, o Suarez nelle vesti di Aiace Telamonio, morsi, calci e pugna furente. Il calciatore baciato dagli dei ha nome O Ney, 25 anni, classe brasiliana purissima.

Quando il Matador Cavani ha prima preso il palo, poi segnato il gol del 3-1 e sbagliato, subito dopo, il raddoppio, il rituale sembrava concluso. Neymar da Silva Santos Junior si è ricordato di essere un campione, un asso in grado di rovesciare la sorte cinica e bara. Ha inventato, nei sette minuti finali quando tutto sembrava perduto, una punizione, un rigore e soprattutto l’assist per il gol di Sergi Roberto, al 95’, a tempo ormai scaduto. Orgoglio a strisce rosse e blu, Verratti e Thiago Silva fatti a pezzettini, la corsa di Luis Enrique come un pazzo e incredulo Don Chisciotte amfetaminico. Forse il ciclo del Barça è all’epilogo, tuttavia questo affresco finale per 6-1 rimarrà nel cuore e negli occhi dei mendicanti di bellezza.