Lungo il crinale di tre partages fondamentali – tra servo e padrone, tra uomo e animale, tra uomo e macchina – Remo Bodei monta alcuni set esemplari: chiavi, animali, macchine, Intelligenza Artificiale, con fondali di lunga durata e l’animazione di personaggi notissimi o sconosciuti che pronunciano in ogni quadro le loro parole migliori. Il titolo, Dominio e sottomissione (Il Mulino, pp. 408, € 28,00) delimita il perimetro complessivo della ricerca e ne dichiara l’ambizione, riproponendo la drammaturgia concettuale del famoso capitolo IV A della Fenomenologia dello spirito (Herrschaft/Knechtschaft).

Acuto lettore di Hegel, Bodei ribadisce qui la propria distanza dall’interpretazione, geniale ma fantaisiste, operata da Alexandre Kojève: il rapporto signoria-servitù non sfocia nel capovolgimento della gerarchia sociale, con il servo-proletario che si fa signore, bensì nella «società civile», in cui ciascuno è al tempo stesso padrone e servo, politicamente libero, ma dipendente dagli altri per la soddisfazione dei propri bisogni.

La lettura di Kojève, cui sono dedicate pagine illuminanti, trova piuttosto il suo punto di forza nell’analisi del processo di uscita dall’animalità: per generare l’autocoscienza occorre che il desiderio umano si trasformi in desiderio di un desiderio. Ciascuno deve impadronirsi del desiderio dell’altro e piegarlo al proprio, farsi riconoscere come un valore positivo, farsi «desiderare». Nell’ultimo Kojève (degli anni Cinquanta e Sessanta), che prevede la vittoria dell’americanismo e del consumismo, la spinta del desiderio si attenua fino alla ricaduta in un’animalità soddisfatta, paga della sola sopravvivenza, che segna la fine dell’evoluzione dialettica dell’umano e della storia.

Il problema del rapporto con l’animalità si pone per Bodei in altri termini. Senza trascurare la lezione di autori fra cui Freud, Lorenz o Canetti, che considerano indelebile il tratto animale e il suo portato aggressivo, Bodei preferisce sottolineare il costo immane che ciascuno ha pagato – e paga – per il conseguimento dell’autodominio a mezzo di una razionalità di tipo difensivo. E se le energie che utilizziamo per tenere a bada la paura di ricadere nell’istinto di autoconservazione venissero sbloccate, la libertà non ne uscirebbe rafforzata? È il polemos, infatti, la guerra, il primo grande operatore di partage tra i destini delle persone: chi ha coraggio e rischia la vita sarà signore di sé e del vinto e potrà sviluppare politicamente la propria esistenza (bios); chi antepone la sopravvivenza alla libertà, diviene schiavo e vive di mera zoè. Ma come la schiavitù, che Aristotele considerava «naturale», è stata invece «abolita», si può ugualmente immaginare un allentamento del vincolo tra logos e polemos in favore di una ragione ospitale, non fondata sulla paura?

Un esperimento mentale si fa strada: «Ammettiamo che gli uomini non abbiano più bisogno di rischiare la propria vita per vincere la loro animalità perché le macchine sarebbero potenzialmente in grado di soddisfare i loro bisogni di sussistenza. Rimarrebbero ancora le condizioni per obbligarli a combattersi per la conquista di risorse scarse?».

Il mondo antico conosce gli schiavi ma non le macchine, concepite come mere «astuzie» per ingannare la natura: in una ‘rimonta’ avventurosa e a tratti epica, che da Galilei giunge all’IA, il libro ne ricostruisce l’evoluzione, la sostituzione dei processi produttivi legati alla schiavitù e alla «schiavitù salariata» con dispositivi che sottraggono il lavoro umano prima agli sforzi fisici poi a quelli dell’intelligenza e della volontà.
Traversando l’oceano disciplinare e bibliografico che gli umanisti tendono a guardare dalla riva, il libro fa chiarezza su concetti come algoritmo, machine learning, big data, e sulle implicazioni antropologiche, politiche e culturali degli apparecchi dotati di Intelligenza Artificiale. Se ne trae un ottimismo trionfante? Inquietudine, piuttosto, per il destino della libertà e della democrazia, assieme all’urgenza di rimodellare dalle fondamenta la dotazione concettuale del general intellect.