Alla stipula del contratto, il datore di lavoro pagherà un contributo forfettario per il rilascio del permesso di soggiorno al migrante. Dovrebbe essere questo – lo stesso usato nel 2012, ultimo provvedimento del tipo in Italia – lo strumento scelto dal governo per regolarizzare i lavoratori migranti. Non solo nell’agricoltura – i braccianti irregolari sono stimati in 140-160 mila – , ma allargando la modalità anche per colf e badanti, categorie finora escluse da ogni ammortizzatore sociale, per giungere ad un totale di 600mila persone.

DOPO MESI DI ATTENDISMO la ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova sembra essersi convinta della necessità di agire subito. Anche come capo delegazione di Italia Viva.
Meno convinta sul metodo e sull’allargamento a colf e badanti pare essere la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, alla quale spetterà comunque la responsabilità della norma che Bellanova punta ad inserire nel prossimo decreto.

Sulla stessa lunghezza d’onda anche la ministra del lavoro Nunzia Catalfo che però deve vincere le resistenza interne al M5s con Vito Crimi che non vede di buon occhio una norma che sarà bollata come «vergognosa sanatoria» dalla destra.

Ieri al ministero del Lavoro si è tenuta una lunga tele riunione, presenti Bellanova e le parti sociali, con sostanziale via libera alla regolarizzazione.

La ministra Catalfo ha poi annunciato che l’Anpal sta per far partire una piattaforma digitale per far incontrare domanda e offerta di manodopera agricola, idea già contenuta – mai applicata – nella legge 199 del 2016 sul Caporalato: dovrebbe prevedere anche un ruolo per enti bilaterali e agenzie interinali. La piattaforma pubblica dell’Anpal dovrebbe poi evitare l’introduzione dei voucher, chiesti a gran voce dalla destra e da Coldiretti.

In mattinata Bellanova aveva reso pubblica la sua posizione: «L’Italia deve decidere di combattere definitivamente questo fenomeno scegliendo la giustizia sociale e la civiltà, sapendo che lasciare immutato lo stato di cose significa alimentare l’illegalità, la concorrenza sleale e il caporalato. E danneggiare lavoratori e aziende oneste, la maggioranza, che rischiano di lasciare i prodotti nei campi. Da anni nei distretti agricoli, con percentuali differenti, c’è manodopera immigrata, molta senza permesso di soggiorno. Davanti a questa situazione: o si lasciano i campi incolti o si sceglie di regolarizzare queste persone sottraendole ai caporali».

NON MANCAVA PERÒ UN RICHIAMO al rischio sanitario, ma dal punto di vista degli italiani: «Il punto non è quanti ospedali costruisci ma quante persone metti in sicurezza; e se questi lavoratori saranno costretti a rimanere nei ghetti, irregolari e invisibili, sarà un rischio enorme per la loro salute e quella di tutti».

La sortita di Bellanova ha provocato subito il giubilo della Cia, l’associazione datoriale agricola alternativa alla Coldiretti. «Ha ragione la ministra Bellanova, siamo noi ad avere bisogno degli immigrati – dichiara il presidente Cia Dino Scanavino – ma è necessario che la regolarizzazione si concretizzi subito, velocizzando e semplificando le procedure senza intralci burocratici. Se non si agisce in fretta, la sanatoria rischia di avere effetto fra troppi mesi, quando la stagione della raccolta sarà terminata e i prodotti saranno abbandonati nei campi per mancanza di forza lavoro, con la conseguenza per le famiglie di trovare scaffali vuoti nei supermercati». Secondo le stime di Cia, un provvedimento di regolarizzazione oltre a coinvolgere una platea di almeno 150mila operai agricoli e a inserire in una cornice di legalità i lavoratori già presenti nel nostro Paese, potrebbe portare nelle casse dello Stato anche nuove entrate per 1,2 miliardi di euro, tra Irpef e contributi previdenziali.

OTTIMISTI MA GUARDINGHI i sindacati. «È dal 25 marzo, quando mandammo una lettera appello al presidente Mattarella, che attendiamo un segnale concreto dal governo – sottolinea il segretario generale della Flati Cgil Giovanni Mininni – . La regolarizzazione sarebbe un segnale di civiltà e libererebbe dal giogo di caporali, aziende sfruttatrici e malavita centinaia di migliaia di migranti, a rischio sanitario nei tanti ghetti presenti in Italia. Dare a loro un contratto regolare e senza voucher garantirebbe poi di aiutare anche i braccianti italiani che subiscono un sotto salario diffuso», chiude Mininni.