L’uscita sessista di Eugenio Giani, candidato di Pd e alleati alle regionali toscane, verso l’avversaria della destra Susanna Ceccardi, sta facendo giustamente discutere. Parole come “Il mio avversario è Salvini, che si porta al guinzaglio la candidata”, appaiono ingiustificabili: “Più che me – osserva Ceccardi – si offendono le donne che fanno politica”. Impeccabile. Ma appena tre giorni fa la stessa Ceccardi usava la clava contro don Massimo Biancalani, coraggioso parroco dell’accoglienza. E il suo manifesto-fotomontaggio a caratteri cubitali “Il confessionale di don Biancalani nascondiglio per lo spaccio”, ha portato il diretto interessato a querelare (finalmente) Ceccardi per diffamazione.
Apriti cielo: la pupilla di Matteo Salvini vuole aprire la sua campagna elettorale proprio da don Biancalani. “Andrò a Vicofaro a incontrare i parrocchiani, perché la chiesa è un centro per i migranti, e nella peggiore delle ipotesi, come riportano anche gli organi di stampa, in un centro di spaccio”. I fascisti del terzo millennio di Casa Pound le faranno da codazzo.
“Ero presente all’ispezione della polizia nel confessionale – ha replicato il parroco – e non c’era traccia di droga. Il ragazzo è stato fermato per strada e trovato con delle dosi. Ha detto che dormiva da noi. Ho confermato che stava da noi per carità, come tanti che, nell’assenza delle istituzioni, sono stati estromessi dai percorsi di accoglienza”.
Hanno difeso il parroco Monica Cirinnà e Marco Pacciotti, responsabili Diritti e Immigrazione del Pd nazionale. Ma in regione si è fatto sentire solo l’altro candidato governatore Tommaso Fattori di Toscana a Sinistra, con i consiglieri comunali fiorentini Antonella Bundu e Dmitrij Palagi.
Comunque don Biancalani andrà avanti. Ha visto editato dalle edizioni Paoline un libro sulla sua esperienza. E Diego Bianchi in arte Zoro, nella prefazione a “Disobbedisco e accolgo”, osserva: “A dispetto delle difficoltà, del vento contrario e degli attacchi politici, don Biancalani è andato avanti, ricoprendo ruoli non suoi, colmando lacune altrui, facendo cose, dando soluzioni, come sa, come può, come sente, come sarebbe naturale che fosse, a maggior ragione se predichi il Vangelo. Raccontare il lavoro e la tenacia di don Biancalani e dei suoi collaboratori, così come quello di tante altre simili esperienze di accoglienza e volontariato, è dovere giornalistico e morale”.