In queste ore la boule della roulette delle elezioni liguri si è fermata su Aristide Fausto Massardo. Ingegnere, professore, già aspirante rettore dell’Università di Genova – aspirazione delusa ai voti -, è stato il primo nome proposto dai 5s liguri. Ma la sua stella per la sfida a Giovanni Toti si era appannata nel breve tratto in cui l’ala sinistra del Campo Progressista (nome copiato da un progetto mai nato per le politiche 2018, ora riesumato per la coalizione fra Pd, Art.1 e Sinistra italiana) aveva lanciato sul tavolo Ferruccio Sansa, giornalista del Fatto quotidiano. Vicino di casa di Grillo a Genova, è stato tra i primi ad averne intercettato la ‘discesa in campo’, ma nel tempo si è smarcato dagli obbedienti alle mutevoli regole del ’moVimento’.

In una cruciale riunione romana, il 10 giugno, il nome di Sansa aveva ricevuto il sì del Pd nazionale, nella persona del vicesegretario Andrea Orlando, spezzino, e il ’sì’ rassegnato del reggente 5s Vito Crimi. Ma il segretario regionale dem Favelli aveva chiesto qualche ora per consultare i suoi. Un partito ha le sue istanze. Alla fine Sansa, il cui profilo sembrava troppo autonomo e minaccioso per il Pd ligure, è saltato.
Fra il primo lancio del nome di Massardo e l’ultimo, quello di ieri, c’è una lunga serie di nomi bruciati. Come quello di Paolo Comanducci, il rettore avversario di Massardo; di Paolo Bandiera, dirigente del Terzo settore. E altri. Massardo si sarebbe candidato comunque, da outsider, eccentrico di tradizione laico-moderata. Ora, invece, si trova nella insolita condizione di candidato di Renzi però già candidato dei 5 stelle. La miscela delle motivazioni è di quelle rare. Renzi, che già si vedeva fuori dalla coalizione Pd e 5s («Mai con un giornalista del Fatto») ora addirittura dà le carte. A Massardo il fondatore di Iv è stato portato da Raffaella Paita, ex pd capofila dei renziani liguri, già sconfitta da Toti lo scorso giro. E che dalle scorse primarie, vinte ma finite nel disastro (lo sfidante Cofferati, ex leader Cgil, lasciò denunciando gente di destra ai gazebo), potrebbe portare in dote un dialogo con Claudio Scajola, forzista autonomo, contrario al filoleghismo di Toti, salvo intese. Un nome che, secondo la versione degli storici avversari, potrebbe pesare non tanto nelle regionali – Massardo non ha storia contro Toti – quanto nella prossima nomina alla presidenza dell’Autorità Portuale. Per quel posto, a dicembre, la ministra delle Infrastrutture Pd De Micheli penserebbe un suo predecessore, l’ex ministro Claudio Burlando. Ex presidente ligure. Ispiratore a suo tempo della corsa di Paita.

Anche per questo la parte del Pd ligure vicina al vicesegretario Orlando e a Zingaretti frena sulla candidatura Massardo. Quel nome disperderebbe quel tentativo di ricostruzione a sinistra dopo la frattura delle regionali che fu laboratorio di divisioni (Cofferati finì in Sinistra italiana, Paita in Italia Viva, il Pd solo e sconfitto). La corsa di Sansa è infatti stata lanciata a gennaio da Megu Chionetti, attivissimo presidente della comunità di San Benedetto al Porto ed erede di Andrea Gallo, il don amico di De André e icona della Genova solidale. Quella di Sansa sarebbe una ricomposizione a sinistra che viene da più lontano. Ferruccio è figlio di Adriano, magistrato, sindaco indipendente nella stagione del ’93 che poi l’Ulivo non volle ricandidare per «poca capacità di interlocuzione»; da solo prese il 13 per cento. Ma questa sarebbe un’altra storia.
E invece c’è da scrivere la storia delle prossime regionali. La boule continua a girare a vuoto. «Basta perdere tempo», invoca Arturo Scotto, di Art.1. «Da sempre crediamo che quella fra Pd e 5s sia un’alleanza necessaria e anche naturale. Non riuscirci in Liguria, dove c’è una tradizione di sinistra e la culla dei 5s, sarebbe un brutto segno ben oltre i confini regionali». Orlando è più paziente: «Noi abbiamo lavorato per costruire alleanze larghe, abbiamo sempre tenuto la porta aperta e la terremo aperta».