Da ieri l’allarme rosso sul voto amministrativo di settembre è scattato anche a Palazzo Chigi. L’ora e mezza di «chiarimento» fra il premier Conte e il segretario dem Zingaretti è servita a ribadire lo «spirito unitario» della maggioranza e la necessità condivisa di avanzare a passo più spedito. Ma se c’è una cosa concreta che il leader Pd ha ottenuto è la consapevolezza del presidente che serve anche il suo contributo affinché le regionali non diventino il carico da novanta nella «strettoia» in cui si troverà la maggioranza a settembre, quando i tutti i dossier economici saranno sul tavolo e la crisi sociale morderà più forte. Se le forze della maggioranza perderanno le regionali 5 a 2, come Salvini già sbandiera, il governo potrebbe davvero finire all’angolo.

MESSAGGIO RICEVUTO. Anche prima di incontrare Zingaretti Conte ha scandito un appello: «Non voglio forzare le valutazioni delle singole forze politiche. Mi chiedo: è giusto non tenere conto dell’azione di governo in sede territoriale? E’ possibile non trovare un momento di sintesi per l’appuntamento delle regionali? Sarebbe una sconfitta per tutti, anche per me. Ci vuole coraggio e cogliere un obiettivo comune. Mettere da parte le singole premure e fare un passo avanti».

LA CHIAMATA è a tutti i territori in cui si andrà al voto, e in particolare ai 5s. Ma il vero indirizzo è la Liguria. Nelle altre regioni, nonostante Zingaretti si stia adoperando, le alleanze non sono immaginabili. Al premier infatti risponde senza cordialità il reggente grillino Vito Crimi: «Il M5s e non si è mai sottratto al confronto là ‘dove ci sono le condizioni per avviare percorsi condivisi, come stiamo facendo in Liguria. In Campania invece il nostro appello non ha avuto riscontro. Un percorso che non può prescindere dal rispetto dell’autonomia dei territori e delle sensibilità che esprimono». Come in Campania anche in Puglia e in Toscana i profili dei candidati (rispettivamente il presidente uscente Emiliano e il troppo renziano Giani) sono diversi, ma il muro fra i 5s e Pd è simile. Forse meno nelle Marche, dove al di là delle dichiarazioni ufficiali il candidato dem Maurizio Mangialardi, sindaco di Senigallia, potrebbe attirare il voto grillino. O almeno così crede il Pd.

OCCHI PUNTATI DUNQUE sulla Liguria, l’unico voto regionale in cui la maggioranza di Roma, dopo il via libera daella piattaforma Rousseau, ha intenzione di presentarsi unita. In teoria.

LA PRATICA PERÒ È TUTT’ALTRA cosa. Ieri per l’ennesima volta a Genova il tavolo dei futuri alleati è finito in un nulla di fatto. «Fumata nera» secondo alcuni, «rottura» secondo altri. Dopo il veto calato sul “civico” Ferruccio Sansa, giornalista del Fatto, da parte di Italia viva e del Pd ligure, e dopo una serie infinita di nomi bruciati, ieri i grillini hanno rilanciato Sansa. Stavolta con più convinzione. Ricevendo di nuovo il no di mezzo Pd locale (non la maggioranza vicina al vicesegretario Andrea Orlando, spezzino) e dei renziani guidati da Raffaella Paita, già sconfitta da Toti allo scorso giro. Iv punta sull’ingegnere Aristide Massardo. Che non dispiace affatto ai grillini. Ma è indigeribile per gli orlandiani.
MASSARDO, COME QUASI TUTTI gli altri nomi in ballo, non sarebbe un problema per l’uscente Toti, ogni giorno più vicino alla conferma grazie ai pasticci degli avversari. E, secondo una teoria che circola in città, un candidato di sinistra innocuo favorirebbe la nomina a presidente dell’Autorità Portuale dell’ex ministro Burlando, dem ma legato politicamente a Paita. Perché a questa nomina Toti non direbbe no.

VELENI, FORSE. Voci raccolte sotto la condizione dell’anonimato. Ma dicono la stessa cosa di due bellissimi murales apparsi ieri mattina in città: un «bacio fraterno» fra Renzi e proprio Burlando, ritratti alla maniera di Banksy. Anche il luogo scelto dai giovani artisti è significativo: uno nei pressi della vecchia sede del Pci genovese davanti alla Regione, l’altro a via Maragliano, vicino alla sede del Pd ligure.

IL DATO OGGETTIVO è che il tempo che passa favorisce l’uscente, spiega Megu Chionetti, responsabile della comunità San Benetto al Porto fondata da don Gallo: «Chi si prende la responsabilità politica di un intero mese perso a fronte di una decisione sulla candidatura di Sansa maturata il 10 giugno con tutte le forze locali e nazionali della coalizione? Ma soprattutto chi se ne giova? Senza dubbio Toti».