Chissà se il caldo di agosto porterà consiglio al Partito democratico di Reggio Emilia. Perché a giudicare dalle dichiarazioni degli scorsi mesi, la pubblicizzazione dell’acqua nella città del tricolore sembra essere tramontata. E di conseguenza l’idea che il Pd, a Reggio da sempre partito di governo, possa impegnarsi per far rispettare davvero l’esito del referendum sull’acqua del 2011. Un referendum, si disse all’epoca, trainato anche e soprattutto dal voto di massa delle regioni «rosse» d’Italia, e in Emilia-Romagna a primeggiare fu proprio la città dell’allora sindaco Graziano Delrio. Alle urne andò il 68% dei votanti, un plebiscito per l’acqua pubblica, due «sì» per togliere l’acqua dal mercato e andare verso la pubblicizzazione del servizio.

Entusiasmo, dichiarazioni festose: dopo il referendum la ripubbliciazzazione sembrava davvero a portata di mano. I comitati Acqua bene comune portarono in manifestazione a Reggio oltre mille persone, in più in un momento in cui il servizio idrico era già in proroga – e quindi non sarebbe stato impossibile progettare un futuro senza Iren, la multiutilty che ha gestito e tutt’ora gestisce l’acqua a Reggio Emilia e provincia. E così partì un percorso, guidato dai sindaci del territorio e dell’assessore all’ambiente Mirko Tutino (Pd) che portò all’elaborazione di un piano dettagliato, con tanto di studio economico di fattibilità commissionato ad una società esterna. «Si tratta solo di capire se sarà una Spa 100% pubblica o un’azienda speciale di diritto pubblico» spiegava ancora un anno fa Tutino. Il terremoto è arrivato a giugno, con un riunione della direzione provinciale Pd di Reggio Emilia finita in piena notte con un comunicato dirompente. La ripubblicazione, diceva il documento, metterebbe «potenzialmente a repentaglio l’equilibrio economico-finanziario di numerosi Comuni già ad oggi espropriati della propria autonomia di bilancio». Davvero ripubblicizzare un servizio con profitti garantiti e investimenti ripagati totalmente dalle bollette può mandare in tilt i bilanci comunali?

La Camera del Lavoro cittadina ha bollato le paure dei democratici come «immotivate». Così un comunicato che invitava la politica locale a valutare bene la questione: «E’ vero che il Governo nazionale spinge verso la privatizzazione delle aziende partecipate dagli enti locali, quindi capiamo benissimo la prudenza di un sindaco nell’andare ad impegnare per molti anni il proprio comune in una operazione che gli dicono essere portatrice di vincoli molto pesanti, ma dopo le nostre verifiche riteniamo che tali norme non si applichino al caso di Reggio Emilia». «La verità è che il Pd nazionale per l’acqua ha da tempo scelto un mercato privatistico o semi-privatistico imperniato attorno alle multiutility come Iren – commenta Andrea Caselli dei comitati Acqua bene comune – Se le leggi nazionali non aiutano di certo il percorso reggiano, è anche vero che la politica locale non ha mai brillato di coraggio. Poi qualcuno dovrebbe avere il coraggio di dire quale strade seguire quando sarà scartata la gestione in house. Vista la normativa europea non resta che la gara europea o a doppio oggetto, e quindi la permanenza dei privati nella gestione di un bene che dovrebbe essere comune e totalmente pubblico».

In realtà la partita potrebbe non essere chiusa. Nonostante le parole dal segretario regionale Pd Calvano – «No all’ideologia» ha detto a luglio riferendosi alla possibile ripubblicizzazione – nessuna strada è stata ancora ufficialmente imboccata. Ago della bilancio sarà il Comune di Reggio Emilia. A sentire l’assessore comunale al bilancio Francesco Notari, l’ipotesi della gestione 100% pubblica sembra tramontata. «L’operazione porterebbe da 80 a 200 milioni il debito di Reggio Emilia –ragiona Notari – E se le cose andassero male, ci fossero investimenti inattesi o un aumento delle insolvenze? Un debito del genere metterebbe in crisi la città. Noi vogliamo gestire con trasparenza e efficienza la società, ma senza fare debito. Fare debito e controllare il cda dell’azienda è una maniera vecchia e sorpassata di intendere la gestione pubblica. Noi terremo alta qualità e trasparenza, che poi è quello che vuole il cittadino». A settembre la decisione definitiva.