Reggio-Bergamo, ‘ndrangheta on air
Catanzaro La Dda indaga su una società del colosso lombardo Rtl, infiltrata dal clan Tripodi. Bindi e l’antimafia vogliono vederci chiaro. Ma i magistrati non sciolgono il segreto istruttorio
Catanzaro La Dda indaga su una società del colosso lombardo Rtl, infiltrata dal clan Tripodi. Bindi e l’antimafia vogliono vederci chiaro. Ma i magistrati non sciolgono il segreto istruttorio
Erre, ti, elle, very normal people… pompa a tutto volume l’autoradio. Ma è «gente molto normale» o piuttosto «onorata società», devono essersi chiesti gli inquirenti dell’Antimafia di Catanzaro che da qualche settimana rovistano carte e documenti per rintracciare notizie di reato a sfondo ‘ndranghetista su Rtl, celebre radio lombarda, tra i primi network nella speciale classifica auditel.
Il boss delle telecomunicazioni
Nicola Tripodi è un boss in carriera e sogna in grande. Vibo-Lombardia solo andata. Affari e giri giusti, meglio ancora se alla moda. Cresciuto nella signoria dei Tripodi, cosca di Melito Porto Salvo e della marina di Vibo, satellite della potentissima ‘ndrina dei Mancuso di Limbadi, ha fiuto da vendere e ha capito prima d’altri che il business degli spettacoli estivi è un pozzo di danaro ancor inesplorato. Arrestato nel 2013 all’interno dell’«operazione Libra», ufficialmente percepisce reddito alla Gesti.i.Tel. srl, con sede a Bergamo e affari in Calabria, che si occupa di telecomunicazioni fisse e antifurti. Le quote di maggioranza, il 90%, sarebbero proprio della emittente Rtl. Ma non solo, la società Rtl 102,500 Hit Radio srl e Open Space Pubblicità srl hanno avuto rapporti finanziari e societari con la ditta individuale Music & co. di Cosimo Campennì oltre che con la Campennì Ferraro management srl, una società che dalle risultanze investigative parrebbe detenere l’esclusiva per gli spettacoli organizzati in Calabria da Rtl. Gli inquirenti annotano anche i rapporti di parentela tra Cosimo Campennì e Peppe Mancuso, elemento apicale del noto clan di Limbadi. Una delle società di Campennì «sia in sede di verifica fiscale da parte della finanza che in sede di procedura fallimentare da parte del tribunale di Vibo Valentia non ha esibito la documentazione contabile», quindi, secondo la Dda catanzarese, «è necessario ricostruire compiutamente i rapporti societari e finanziari».
E così all’alba di qualche giorno fa è scattata una perquisizione a tappeto nelle sedi del network a Bergamo, Cologno Monzese e Roma e negli uffici della Open Space pubblicità a Bergamo, Cologno Monzese, Napoli, Torino, Palermo e Roma. «Al fine di ricostruire i rapporti tra la cosca Tripodi e le predette società – è scritto nel decreto di perquisizione – nonché le persone fisiche aventi compiti di gestione, è stato necessario procedere al sequestro della documentazione contabile delle società in questione (i cosiddetti mastri di conto da cui desumere i clienti e i fornitori delle predette società), nonché la documentazione che trovasi nella disponibilità delle persone fisiche sopra richiamate». Per cui «appare necessario procedere alla perquisizione dei locali nella disponibilità delle persone fisiche e giuridiche per verificare l’esistenza di elementi (documenti cartacei, informatici) da cui desumere i predetti rapporti (nonché la natura degli stessi) anche allo scopo di verificare cointeressenze della cosca Tripodi nelle predette società oltre che i rapporti tra i sodali e i terzi sopra richiamati».
Secondo gli investigatori, i Tripodi si sarebbero in questi anni «specializzati» nel controllo della attività edilizia nel settore dei lavori pubblici «cercando di espandere la propria operatività in parti del territorio nazionale diverse dalla Calabria, ricorrendo a false fatturazioni per nascondere l’imposizione di pretese estorsive nei confronti di altre società per le quali essa stessa, o società satelliti, prestavano la propria opera». Ma oltre ai classici metodi dell’associazione mafiosa, il clan Tripodi era riuscito a far crescere le aziende di famiglia curando «rapporti con politici nazionali attraverso i quali incrementare l’operatività imprenditoriale della cosca». Ecco forse spiegato l’attivismo nel settore degli spettacoli e dello show business.
Peppe dee jay
Perché una controllata da Rtl, come Gesti Tel, si è sentita in dovere di assumere un presunto boss come Nicola Tripodi? E quali compiti operativi aveva egli in azienda? Un altro uomo che – secondo un’informativa della polizia giudiziaria – è stato assunto da Rtl è Fausto Congestrì, vicino ai Tripodi, e fratello di Nicolino che, stando agli atti d’indagine, nel 2010 stava «organizzando la costituzione di una Gran Loggia Scozzese Mediterranea del Sud» ed era in contatto con Peppe Scopelliti, presidente dimissionario della Calabria e all’epoca sindaco di Reggio Calabria.
Gli investigatori riportano che tra Nicolino Congestrì e Scopelliti, entrambi non indagati, «si era creata un’intesa, visto che il primo cittadino di Reggio era in procinto di affidargli importanti opere pubbliche». Poi aggiungono un ulteriore dettaglio: «Lo stesso sindaco avrebbe elargito la somma di 600mila euro per l’emittente radio Rtl, che trasmette stagionalmente da Reggio Calabria». Trentatre giorni di vitto e alloggio pagati da Scopelliti al team di Rtl, un’enormità per un comune in default. Ma quelli erano i giorni della «Reggio da bere», in cui Scopelliti scialava e il comune veniva scambiato per un bancomat. Mentre Peppe era spesso negli studios di Rtl a improvvisarsi dee jay e l’Arena Ciccio Franco si trasformava in una discoteca dove si ballava al ritmo della musica del network. Altri tempi. Oggi Scopelliti ha sul groppone una condanna a 6 anni e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici per abuso e falso in bilancio. E si candida per un seggio a Strasburgo nelle liste Ncd.
Rtl top secret
Quando la settimana scorsa Rosi Bindi, presidente della commissione Antimafia, in visita a Vibo aveva chiesto lumi al capo della Dda di Catanzaro, Raffaele Lombardo, sulla vicenda Rtl, si era vista opporre il segreto istruttorio. L’esponente del Pd, secondo alcune indiscrezioni, si sarebbe contrariata e non poco. Ma avrebbe evitato di entrare in conflitto istituzionale con il procuratore di Catanzaro. Domani 28 aprile Bindi e l’Antimafia saranno di ritorno. E se il magistrato dovesse ribadire il rifiuto a rispondere, potrebbe ingenerarsi un conflitto tra poteri, non avendo la Commissione parlamentare il potere di sciogliere il riserbo istruttorio sulla vicenda giudiziaria in corso.
D’altronde «la vicenda Rtl – si legge in una delle informative pervenute alla Dda – si inserisce in un contesto molto ampio e non si possono sottacere alcuni passaggi che meritano di essere approfonditi e valorizzati». Data la posizione assunta in commissione da Lombardo a tutela della segretezza del procedimento, è lecito supporre che l’indagine sia tutt’altro che chiusa.
Anzi, fra non molto potrebbero esserci sviluppi, anche oltre Calabria. Gli inquirenti sono stati al lavoro anche in questo periodo pasquale.
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