Volti distesi e clima cordiale al termine dell’incontro di ieri al ministero della giustizia tra il ministro Andrea Orlando e la giunta dell’Associazione nazionale magistrati guidata dal presidente Piercamillo Davigo. Le tre settimane trascorse dall’intervista di Davigo nella quale diceva che «i politici non hanno smesso di rubare ma hanno smesso di vergognarsi» hanno contribuito a raffreddare il clima. Per questo l’incontro di «presentazione» del nuovo vertice dell’Anm, che tra undici mesi sarà già sostituito, era stato spostato in avanti. Le critiche delle altre correnti all’irruenza del presidente Davigo e le capacità diplomatiche di Orlando hanno fatto il resto. «È stato un incontro molto proficuo», ha detto Davigo uscendo. «Utile e positivo», ha fatto eco Orlando. Del resto è servito solo a fare l’elenco delle questioni da affrontare, in successivi incontri: organizzazione degli uffici, durata dei processi, organici dei magistrati, personale amministrativo e funzionamento del Csm. «Di referendum non abbiamo parlato», hanno detto entrambi. Cioè della possibilità che il Csm provi a vietare o a sconsigliare ai magistrati, tutti o solo quelli particolarmente in vista, di partecipare alla campagna per il referendum costituzionale. Eventualità che l’Anm respinge. E della quale è andata a parlare con il vice presidente del Csm Legnini e il gruppo di presidenza del Consiglio poco dopo aver lasciato il ministero.

L’ipotesi che il Csm approvi un documento sulla linea delle dichiarazioni in tv di Legnini – «occorre cautela perché il referendum costituzionale si è caricato di significato politico» – resta in campo. La discussione si farà certamente in una delle prossime sedute di plenum, Legnini la vuole. In ogni caso la raccomandazione (non è immaginabile un divieto) sarebbe rivolta ai soli consiglieri, togati e laici, dell’organo di autogoverno della magistratura. Per alcune correnti, come Magistratura democratica che ha aderito da quattro mesi al comitato per il no al referendum, sarebbe in ogni caso troppo. Davigo ieri ha escluso che l’Anm possa rivolgere un uguale appello alla totalità dei magistrati. «Per tutti vale il nostro codice etico», ha detto il giudice uscendo dal Csm ieri sera. Il riferimento è alle regole deontologiche approvate sei anni fa dall’Anm, che si limitano a raccomandare «criteri di equilibrio, dignità e misura» in tutte le uscite pubbliche delle toghe. E per quanto riguarda l’impegno politico solo avvertono che i magistrati devono evitare «qualsiasi coinvolgimento in centri di potere partitici che possano condizionare l’esercizio delle sue funzioni o comunque appannarne l’immagine». Altra questione è se l’Anm possa o debba dare un’indicazione di voto al referendum. La stessa Md lo esclude. «Ne parleremo nel prossimo comitato direttivo centrale, il 21 maggio», ha detto Davigo.
Intanto al senato la discussione interna al Pd e agli alleati sulla prescrizione registra il primo passo in avanti. Grazie all’iniziativa del gruppo di Verdini, sempre più protagonista della maggioranza. L’idea è del senatore Falanga, che propone di introdurre un’eccezione all’obbligatorietà dell’azione penale dando la precedenza ai processi per i reati contro la pubblica amministrazione. Una corsia preferenziale per corruzione, abuso di ufficio e concussione. In questo modo non ci sarebbe bisogno di allungare i tempi di prescrizione, cosa che i verdiniani, come i senatori dell’Udc, non accettano. «Possiamo accogliere la proposta nel nostro testo base», ha detto il senatore del Pd Casson.