Su 100 italiani che domenica hanno fatto il tampone ben 14 sono risultati positivi al Covid-19. Si tratta del valore più alto da giugno e fra i più alti da inizio pandemia. I dati di ieri quindi disegnano una curva epidemica in forte ascesa: se i numeri certificano 9.338 nuovi positivi, il calo del numero dei tamponi – 98.862, in forte calo rispetto ai giorni precedenti, come tutti i lunedì – porta alla percentuale record. Facendo una proporzione, con i tamponi dei giorni precedenti avremmo avuto circa 14 mila nuovi contagiati: questo il numero record che dobbiamo aspettarci oggi, sempre che le cose non peggiorino. E comunque anche i 9mila di ieri sono un numero doppio se confrontato con sette giorni fa quando i nuovi positivi furono 4.619.

DATI ANCORA PEGGIORI se si guarda ai decessi e all’aumento di pazienti nelle terapie intensive e nei reparti Covid. I morti registrati ieri sono saliti a 73 (con la Campania a guidare il computo con il record di 21 morti), contro i 69 di domenica, per un totale di 36.616. Ancora un balzo per quanto riguarda i ricoveri: 47 persone in più nelle terapie intensive (domenica erano stati 45), arrivate a 797 pazienti totali, mentre i ricoveri ordinari sono 545 in più (domenica 514), per un totale di 7.676.

A livello territoriale rimane il quadro delle ultime settimane. Se la Lombardia è tornata a trainare l’aumento dei positivi con 1.687 nuovi casi (in calo rispetto a domenica), seguita dalla Campania con 1593 (in aumento rispetto al giorno precedente e con Napoli che ieri è stata la provincia con più casi in Italia con ben 923) a preoccupare ancora una volta è la situazione in Liguria: su 100 persone che hanno fatto il tampone ben 35 sono state trovate positive, più di una su tre. Percentuali molto alte anche in Umbria (27%), regione fra le meno colpite nella prima ondata, e in Veneto (25,7%) dove spicca il calo fortissimo dei tamponi: domenica solo 4.426 per una Regione che era sempre stata in testa e che senza Crisanti sembra aver abbandonato la strategia dei controlli a tappeto.

IL LAZIO INVECE IERI PER LA PRIMA volta è stata la regione che ha fatto più tamponi (17.573 contro i 14.577 della Lombardia) e se può vantare una percentuale di positivi fra le più basse – 7,43% – ha comunque raggiunto la stessa Lombardia sia per il numero di pazienti in terapia intensiva (111 contro 113, con un incremento di ben 12 persone) sia per i «ricoverati con sintomi» (1.130 contro 1.136).

Se ancora nessuna regione ha raggiunto la «soglia di allerta» fissata al 40% di riempimento dei reparti Covid, molte si stanno avvicinando: la Valle d’Aosta è al 39%, la Liguria è al 34%, Campania e Piemonte sono al 31%. Il tutto considerando la poca trasparenza dei dati in materia e lo sforzo che molte regioni stanno facendo per aumentare i posti chiudendo però al contempo altri reparti e quindi mettendo a rischio la salute di pazienti per altre malattie, senza contare il già attuato rinvio in Campania degli interventi chirurgici programmati non urgenti.

Ieri è arrivata un’impietosa ammissione di impotenza da parte del direttore sanitario della Ats di Milano Vittorio De Micheli: «Non riusciamo a tracciare tutti i contagi, a mettere noi attivamente in isolamento le persone», che lo ha portato ad un acclarato e spaventoso avviso alla popolazione del capoluogo lombardo: «Chi sospetta di aver avuto un contatto a rischio o sintomi stia a casa». Da qui ne deriva la richiesta di interventi restrittivi alle autorità territoriali: «In una pandemia quando si raggiungono certi numeri si deve interrompere la fase del contenimento e passare a quella della mitigazione. Serve prendere delle decisioni un po’ più incisive, quando abbiamo chiuso le attività alle 18 nella curva epidemiologica c’è stata una frenata brusca», ha concluso Demicheli. Subito per fortuna ascoltato dalle istituzioni lombarde.

A SPARGERE OTTIMISMO anche ieri è stato il presidente dell’Istituto superiore di sanità Franco Locatelli: «La situazione attuale è ben diversa rispetto a quella di marzo: basta andare a vedere il numero delle terapie intensive e delle persone che hanno perso la vita. Certamente c’è stata un’accelerazione importante del numero dei contagiati ma ci sono significative differenze». E ancora: «Si sta facendo un grande sforzo internazionale sui vaccini. Realisticamente credo che potremmo far partire le vaccinazioni per le persone fragili, le forze dell’ordine, gli operatori sanitari nei primi mesi della prossima primavera».