Dopo tre anni e mezzo dalla sciagurata chiusura dell’altoforno per decisione del commissario governativo, e dopo più di due anni dall’accordo di programma che affidava alla Cevital di Issad Rebrab il futuro delle Acciaierie di Piombino, siamo allo stallo più completo. Ieri l’imprenditore franco-algerino, che negli ultimi mesi ha fatto shopping in Brasile, ha investito 200 milioni di dollari in Sri Lanka, e dovrebbe realizzare in patria un mega progetto turistico da altri centinaia di milioni, ha chiesto una volta ancora fiducia ai lavoratori.
L’occasione era data dall’assemblea dei soci di Cevital, segnata da un presidio di protesta dei delegati Aferpi. Una delegazione operaia è stata ricevuta dal presidente di Cevital: “Durante l’incontro – spiega Lorenzo Fusco della Uilm – Rebrab ci ha informato di aver trovato tre partner sia industriali che finanziari. Per fine novembre, ha detto Rebrab, il partner cinese verrà a Piombino per valutare tempi e costi per fare ripartire altoforno e acciaieria, contando di riuscire a farlo in sei, sette mesi. La loro intenzione è produrre tre milioni di tonnellate dall’altoforno e un milione di tonnellate da un forno elettrico, se il governo confermerà i certificati bianchi. La produzione dovrebbe quindi essere destinata a 2,2 milioni di prodotti piani e 1,8 milioni di prodotti lunghi”.
Va da sé che gli operai ci hanno creduto il giusto: “Nel poco tempo che Rebrab ha potuto dedicarci – aggiunge Fusco – abbiamo ribadito che sono trascorsi 30 mesi e siamo ancora agli annunci. Oggi il problema non sono solo i ritardi degli investimenti: abbiamo lo stabilimento fermo, smantellamenti mai partiti, e clienti e mercato ormai persi forse definitivamente. Per noi il tempo è scaduto. Abbiamo concordato che nei prossimi giorni, appena emergeranno ulteriori novità sull’assemblea di stamani, e dopo che il ministro Calenda il 20 novembre avrà sentito Rebrab, si terrà un consiglio di fabbrica a Roma con la presenza delle segreterie nazionali di Fim-Fiom-Uilm”.
Al di là degli annunci – di fronte alla recente lettera di inadempimento del commissario straordinario Nardi rispetto all’addendum del 30 giugno scorso, Cevital ha chiesto di poter fornire al governo ulteriori dettagli sul “memorandum of understanding” con due società, la cinese Sinosteel e la Magnum Steel di Dubai, in vista di un nuovo piano industriale a dicembre – i fatti raccontano di una Piombino e di una Val di Cornia piegate da una situazione kafkiana, nella quale il governo ha avuto e continua ad avere enormi responsabilità. E non basta certo, dopo mesi di attesa, l’arrivo dei residui degli ammortizzatori in deroga, circa 30 milioni, destinati ai circa 2.000 lavoratori dell’indotto ex Lucchini, per allentare una tensione che invece continua a salire. Amplificata ulteriormente dalle, contestatissime, pianificazioni urbanistiche messe in cantiere dall’amministrazione comunale sull’originario progetto di Cevital. Un progetto che, per l’intera città, non esiste più da almeno un anno.