Con tre legislature e mezzo alle spalle, Ermete Realacci guarda alla crisi governativa d’agosto con un mix fra un consapevole scetticismo, ben conoscendo le forze in campo, e l’ottimismo della volontà. “Da questa vicenda io spero che, per l’eterogenesi dei fini, si produca una dinamica che porti a un governo in grado di cambiare le priorità politiche. Lo spero, perché per ora questa dinamica non la vedo”.

Realacci, anche lei fra i pessimisti? Eppure dal vittorioso referendum sul nucleare post Chernobyl alla scommessa di Festambiente, che in questi giorni a Rispescia di Grosseto taglia il traguardo della trentunesima edizione, i suoi trascorsi dovrebbero casomai portarla a pensare positivo. Non trova?

“Sì, ma sta di fatto che i problemi sono tanti. Secondo me il principale non è quello di disinnescare le clausole di salvaguardia, trovando comunque 24 miliardi per evitare l’aumento dell’Iva, e nemmeno quello della tenuta della democrazia rappresentativa. Invece è quello di lasciarsi alle spalle una campagna elettorale permanente, martellante e divisiva, che ha già incattivito a sufficienza il paese. Per riuscirci però occorre avere una missione unificante, in grado di unire le forze sociali, economiche, anche morali. E credo che questo possa essere fatto proprio a partire dalla crisi climatica, lavorando su una nuova idea di economia e di società. In fondo è quello che sta facendo Symbola (la Fondazione di cui Realacci è presidente), ormai da anni”.

Non le sembra di volare troppo alto, di fronte a un paese in gran parte impoverito che guarda soprattutto al lavoro che manca o che è precario, e a soldi che non bastano per arrivare a fine mese?

“Guarda, una persona che non era certo sospettabile di essere luddista come Luigi Einaudi osservava: ‘Chi cerca rimedi economici a problemi economici è su falsa strada, la quale non può condurre se non al precipizio. Il problema economico è sempre l’aspetto, e la conseguenza, di un più vasto problema spirituale e morale”. Su queste basi, quale è oggi la ‘missione sulla Luna’ non solo dell’Italia ma dell’intera Europa? E’ appunto quello di affrontare la crisi climatica. Questa può essere la base, nobile, di un accordo politico. E di un governo. Seguendo questa strada, Salvini perde due volte. Mentre per il paese sarebbe un vantaggio, perché se hai questa bussola nella tua azione ti porti in scia sia i modi per produrre lavoro, di qualità, che la possibilità di rendere unita una società oggi molto disunita”.

Guardando ai possibili contraenti di un nuovo accordo politico, M5s, Pd e Leu, vede dei margini di possibilità su questa strategia d’azione?

“Il processo di riconversione è già in corso, il problema è che non è raccolto dalla politica. Solo per fare un esempio, l’Italia non ha ancora sottoscritto l’impegno ad azzerare entro il 2050 le emissioni di anidride carbonica, causa principale dell’effetto serra. Lo ha fatto l’Enel, non lo ha fatto il governo Conte. Insomma non è facile, ma questa è una partita che va giocata”.

Sembra di capire che sulla sensibilità ambientale dei 5 Stelle Ermete Realacci abbia qualche ragionevole dubbio? E sul Pd?

“Guardiamo in faccia la realtà: la situazione in cui ci troviamo oggi è la stessa di inizio legislatura. Renzi può dire quello che vuole sulle supposte condizioni diverse rispetto ad allora, la verità è che all’epoca ci fu una chiusura. Adesso alla guida del Pd c’è Zingaretti, che non è percepito come attore protagonista della partita ma lo è. E in quest’ambito lui ha una attenzione ben diversa sulla sostenibilità ambientale, rispetto a Renzi. Quanto ai 5 Stelle, non mi sembra che abbiano una visione unificante per l’Italia, e per l’Europa, sul tema della riconversione. Spero comunque di sbagliarmi”.

Domanda delle cento pistole: ce la faranno a trovare un accordo politico?

“Un accordo politico, se non ha un’anima, è debole. Se manca una visione comune su un tema così importante, sembrerà sempre più un accordicchio che un accordo. E sì che gli elementi per farlo ci sarebbero: siamo i primi in Europa per l’economia circolare. E lo siamo perché abbiamo dovuto sempre scommettere su una fonte non inquinante, l’intelligenza umana”.